INQUINAMENTO AMBIENTALE
Alcuni inquinamenti ambientali sono naturali (eruzioni vulcaniche, incendi boschivi, ecc.), ma le principali cause dell’inquinamento sono le attività umane, che spesso comportano un impatto negativo sull’ambiente e sulla nostra salute. Solo dalla consapevolezza che la Natura non è un bene da sfruttare, ma una risorsa da tutelare, ci permette di agire correttamente, per il bene nostro e di chi verrà dopo di noi.
La storia dell’inquinamento è strettamente legata all’urbanizzazione e all’industrializzazione.
In città si dovette intervenire nei secoli scorsi soprattutto per i problemi legati ai rifiuti (v.) e ai relativi miasmi. Poi, i numerosi insediamenti industriali alla periferia di Brescia dal tardo ‘800 aumentarono gli inquinamenti, soprattutto dell’aria (con l’uso e l’abuso di combustibili fossili), ma anche dell’acqua e del suolo (con gli scarichi chimici e biologici); e le stesse produzioni industriali, sempre crescenti, aumentarono l’accumulo di rifiuti da smaltire. L’uso di carbone e poi di petrolio per l’industria, i trasporti e l’illuminazione contribuì in modo significativo all’inquinamento, che andò aumentando a livelli preoccupanti con l’introduzione di nuovi materiali e processi produttivi.
Il Comune di Roncadelle si occupò del problema dalla seconda metà dell’800 soprattutto per far fronte alla periodica diffusione di malattie infettive, in particolare di febbri tifoidi, tra la popolazione locale.
Dopo varie epidemie di colera e di tifo, che nel corso dell’800 causarono la morte di alcune decine di abitanti, ci si rese conto che le cause erano da ricondurre all’ingestione di cibo o acqua contaminata da feci o urine infette, in zone con scarse condizioni igieniche e penuria di acqua potabile.
L’Amministrazione comunale nel 1876 emanò un Regolamento di pubblica igiene e nel 1888 deliberò la costruzione di tre pozzi pubblici con tubolari in ferro, dopo che il dott. Rinaldo Amighini (ufficiale sanitario del Comune) aveva attributo all’acqua inquinata la causa principale dei 28 casi di febbre tifoide verificatisi in quel periodo a Roncadelle, quasi tutti nella contrada di Sopra. Anche il cascinale di S. Giulia aveva bisogno di acqua potabile, trovandosi fortemente inquinata quella dei pozzi comuni esistenti; nonostante reiterate istanze alla proprietaria per la realizzazione di almeno un pozzo tubolare, non si ottenne alcun effetto; così, nel 1895 il Consiglio comunale richiamò la contessa Clara Franzini a non far più depositare concimi in prossimità della strada lambente la cascina, essendo quei depositi la probabile causa dell’inquinamento delle acque nella zona. Nel 1908 vennero costruite due nuove pompe per l’acqua potabile: una in Contrada di Sotto, l’altra in fondo a via S. Bernardino.
Il problema dell’acqua potabile è stato poi risolto a Roncadelle con la realizzazione dell’acquedotto comunale, che dagli anni ’70, attraverso una rete capillare, si è man mano collegato a quasi tutte le abitazioni locali, che prima utilizzavano pozzi privati soggetti a rischio di inquinamento. Per mantenere disinfettata l’acqua nelle tubature dell’acquedotto, vi si aggiunse poi del cloro.
Anche gli operai che lavoravano nelle fabbriche bresciane venivano colpiti da malattie, a causa di ciò che dovevano respirare durante le ore di lavoro o dell’inquinamento acustico che dovevano subire, senza parlare del rilascio nell’ambiente di sostanze industriali tossiche e inquinanti. Le responsabilità sono state anche di una classe politica che, per favorire un rapido sviluppo economico, ha riversato sulla popolazione i costi sociali di un totale disinteresse per il territorio e per la salute del cittadino. Esemplare, a livello locale, la difficile e contraddittoria convivenza tra la S.E.T.A. e Roncadelle: da una parte le nuove possibilità di occupazione e di lavoro indotto, dall’altra un pesante impatto sulle falde acquifere, sulla fognatura, sul depuratore e sul riposo notturno di decine di famiglie.
Anche l’uso crescente di combustibili fossili nei trasporti, il riscaldamento civile, l’uso di pesticidi e fertilizzanti nell’agricoltura (v.), nonché alcuni allevamenti (v.) intensivi, hanno aumentato a dismisura l’inquinamento ambientale nel corso del ‘900. Una diffusa consapevolezza del problema si è andata sviluppando negli ultimi decenni, quando l’emanazione di apposite leggi e la nascita di movimenti ambientalisti hanno cercato di mitigare gli impatti negativi sull’ambiente e sulla salute.
L’inquinamento atmosferico, in particolare, crea smog e piogge acide e contribuisce al riscaldamento globale, ma soprattutto ha effetti deleteri sulla salute (v.), causando malattie respiratorie e cardiovascolari e aumentando il rischio di tumori. Per ridurlo, occorre rivedere alcuni comportamenti, anche relativamente alla scelta e all’uso dell’automobile e del riscaldamento domestico.
A Roncadelle si sono manifestati vari tipi di inquinamento. Vediamo le principali cause.
Autoveicoli. I gas di scarico delle automobili e degli altri mezzi di trasporto sono una fonte significativa di particelle sottili (PM) e altri inquinanti. La presenza sul territorio dell’autostrada A4 dal 1930 e della ex strada statale 235 di Orzinuovi hanno costituito un crescente problema di inquinamento atmosferico e acustico, derivato dal traffico di transito, soprattutto a partire dagli anni Sessanta. La successiva realizzazione della Tangenziale Sud di Brescia e della BreBeMi non hanno fatto che aggravare il problema. La “tangenzialina” ad ovest del paese, prevista da anni per sollevare il centro abitato da gran parte del traffico di attraversamento, si fa attendere. Nel dicembre 2003 una manifestazione di residenti insieme alla giunta Ragni sollecitò l’opera facendo presente che ogni giorno passavano su via Martiri della Libertà circa 35.000 veicoli (nel 1960 erano 8.000), l’85% dei quali era costituito da traffico di attraversamento. Gli insediamenti di grandi centri commerciali sul territorio locale costituiscono inoltre un richiamo quotidiano per migliaia di autoveicoli. Nel frattempo sono inevitabilmente aumentate anche le automobili dei residenti. Poco efficace si è dimostrata la scelta di favorire automezzi alimentati a metano o ibridi (che inquinano comunque) o elettrici (che non hanno successo, per vari motivi); e quelli ad idrogeno vengono ostacolati dalle lobby del petrolio. Per tamponare la situazione, non si è potuto finora far altro che costruire piste ciclabili, collegare Roncadelle con il servizio di trasporto pubblico cittadino, far installare dei pannelli fonoassorbenti e barriere antirumore lungo alcuni tratti autostradali. E, mentre le normative cercano di ridurre gradualmente le emissioni inquinanti dei veicoli, la protezione maggiore per il cittadino rimane affidata soprattutto al verde pubblico (v.) e privato.
Acque reflue. Le acque di scarico utilizzate nelle attività umane (domestiche, industriali o agricole) venivano un tempo disperse nel suolo o nei corsi d’acqua. Così Roncadelle si servì a lungo di piccole fogne a cielo aperto (il vaso Renolda, la seriola Porcellaga, il vaso Savoldo, il Fontanone, ecc.) che, contenendo diverse sostanze organiche ed inorganiche, rappresentavano un pericolo per la salute umana e per l’ambiente. Negli anni ’60 l’Amministrazione comunale cominciò a realizzare alcuni tratti coperti di rete fognaria nelle vie principali del paese, che la giunta Tobanelli provvide poi negli anni ’70 ad ampliare, intubando i corsi d’acqua esistenti nel centro urbano. Nel 1984 costruì anche il relativo depuratore presso la strada provinciale per Orzinuovi, all’estremo confine sud-ovest del paese, per “ripulire” le acque reflue della fognatura prima di poterle reimmettere nella rete irrigua. Il depuratore non agiva per decantazione meccanica, ma per insufflamento di aria dando vita a colture batteriche in grado di attaccare i composti organici, dopo che una griglia aveva trattenuto foglie, rametti ed altri eventuali solidi presenti nelle acque reflue. Accanto al depuratore c’erano i letti di essicamento, dove venivano raccolti i fanghi digeriti dai batteri, che diventavano concime ad alta concentrazione. Costato mezzo miliardo di lire, sembrava un’opera ecologicamente utile, poiché il riutilizzo delle acque reflue per usi agricoli, industriali ed urbani, limitando il prelievo delle acque superficiali e sotterranee, favoriva il risparmio idrico e riduceva l’impatto ambientale. Ma il depuratore funzionò poco e male, sia a causa di alcuni errori di progettazione, sia per l’insensato innesto delle scorie da lavorazioni industriali (provenienti per lo più dalla S.E.T.A.). Così, dopo sei anni, versava in un penoso stato di abbandono, come rilevò “Il salice” (v.). Negli anni successivi sono stati attuati diversi interventi per risolvere il problema, dal collettamento degli scarichi a nord dell’autostrada verso il depuratore ASM di Verziano alla realizzazione di due scolmatori (in via F.lli Cervi e in via don Vezzoli) per deviare le acque piovane direttamente nel Mella o nella roggia Mandolossa, fino alla separazione delle acque bianche da quelle nere nei nuovi insediamenti residenziali. Nel 2006 è stata firmata una convenzione tra otto Comuni per la costruzione di un nuovo, grande impianto di depurazione sul territorio di Torbole Casaglia, che ha consentito di convogliarvi quasi tutti gli scarichi fognari di Roncadelle e quindi di dismettere il vecchio depuratore locale.
Agricoltura e allevamenti. L’uso di pesticidi chimici e fertilizzanti azotati nei terreni agricoli per massimizzare le rese, come anche le deiezioni e i prodotti di scarto degli allevamenti, sono tra le principali fonti di inquinamento. Introducono infatti sostanze nocive nel suolo, nelle acque superficiali e sotterranee e nell’atmosfera, mettendo a rischio le risorse idriche e la salute umana e danneggiando la biodiversità. Il referendum indetto nel 1990 su questo tema, non raggiunse il quorum. Le soluzioni alternative si possono trovare in pratiche agricole più sostenibili, come l’agricoltura biologica e rigenerativa, la rotazione delle colture e una gestione responsabile dei rifiuti.
Discariche abusive. La vecchia pratica di creare discariche abusive, che contaminano il suolo, il sottosuolo e l’atmosfera, non è scomparsa. Ogni tanto se ne scoprono in aperta campagna o presso qualche insediamento industriale, dove vengono nascosti anche prodotti tossici, per non pagare i costi di smaltimento. Anche le discariche dismesse, ricoperte da uno strato di terra, possono creare danni ambientali, come accadde nei primi anni ’80 alla discarica Girelli, appena al di là del Mella, che continuò a far arrivare a Roncadelle gas nocivi, derivati da una commistione di plastica, fuoco e acqua. Infatti le sterpaglie, che l’avevano invasa, d’estate prendevano fuoco (o venivano incendiate) trasmettendo il calore ai materiali plastici e sintetici sottostanti, che le cisterne d’acqua gettate dai vigili del fuoco non riuscivano però a spegnere. Ai residenti nei dintorni non rimase che respirare per qualche anno fumi tossici e maleodoranti, senza sapere quali effetti avrebbero avuto sulla loro salute.
Industrie. I crescenti insediamenti industriali a Roncadelle e alla periferia di Brescia, nonostante una sempre più rigida normativa sulle emissioni di gas e particolato e sui trattamenti delle scorie di produzione, hanno avuto un inevitabile impatto inquinante, non solo nei confronti dei loro dipendenti. Il clamoroso disastro ambientale prodotto dal vicino stabilimento Caffaro di Brescia scoperto solo nel 2001, dopo un secolo di incontrollata immissione di sostanze tossiche nel suolo e nelle acque, è emblematico di come si sia spesso chiuso un occhio sui possibili inquinamenti industriali volendo privilegiare il vantaggio occupazionale su quelli della salute pubblica e della salubrità ambientale. Vengono comunque saltuariamente scoperti, anche oggi a Roncadelle, depositi irregolari di scorie industriali e di rifiuti speciali, che creano criminosi inquinamenti ambientali.
Riscaldamento domestico. Fino a pochi decenni fa, il riscaldamento delle case avveniva tramite camini o stufe che, utilizzando legna o combustibili fossili, rilasciavano polveri sottili, ossidi di azoto e monossido di carbonio, causando problemi respiratori e inquinamento atmosferico. Oggi sono stati generalmente sostituiti con impianti moderni e più efficienti, che utilizzano fonti di energia più pulite, come il gas naturale o le pompe di calore. Ma il riscaldamento domestico contribuisce ancora in misura notevole all’inquinamento atmosferico, soprattutto nei mesi invernali.
Urbanizzazione. Il consumo di suolo per la costruzione di abitazioni, di infrastrutture e di insediamenti commerciali e industriali produce inevitabilmente inquinamento ambientale. Dopo la rapida espansione dell’area urbana di Roncadelle negli anni ’80, in cui il suolo improduttivo superò il 30% del totale, l’Amministrazione comunale ha saputo mantenere l’impegno di non oltrepassare la “linea rossa” del Mandolossa ed ha recentemente ribadito di non voler aumentare il consumo di suolo. La impermeabilizzazione di gran parte del territorio costituisce un problema, perché non consente al terreno di “respirare” e di far defluire regolarmente le acque piovane, anche se è stata parzialmente bilanciata dalla realizzazione di vaste aree verdi.
Onde elettromagnetiche. I cavi elettrici e le antenne, divenuti necessari sia per il funzionamento degli elettrodomestici che per le comunicazioni, emettono onde impercettibili ai sensi e generalmente non pericolose per la salute, se si rispettano alcune norme di buon senso. Maggiore attenzione meritano invece le emissioni elettromagnetiche dei grandi ripetitori televisivi, delle antenne dei gestori della telefonia cellulare e degli elettrodotti che trasportano corrente con l’alta tensione. Questi impianti diventano pericolosi se non rispettano i limiti stabiliti dalle normative contro l’elettrosmog (DPR 381 del 1998), sia riguardo all’intensità del campo elettrico o magnetico, sia riguardo alle distanze da rispettare per i centri abitati e per le aree di particolare tutela (asili, scuole, ospedali, oratori, parchi, case di cura o di riposo). A Roncadelle gli impianti che producono inquinamento elettromagnetico di una certa entità vengono tenuti monitorati a cura dell’Amministrazione comunale e certificati dall’ARPA. Con la diffusione della tecnologia UMTS, che consente di trasmettere anche le immagini, ma le cui antenne non possono distare più di un km, il Consiglio Comunale nel 2002 ha emanato un regolamento che, per le antenne di telefonia mobile, intendeva privilegiare alcuni siti di proprietà comunale posti ai margini del centro abitato, anche se questa scelta può essere contestata dalle compagnie telefoniche, sostenute dal Decreto Gasparri del 2002. Le periodiche rilevazioni sull’elettrosmog prodotto dalle antenne radiotelevisive e di telefonia cellulare presenti sul territorio locale sono finora risultate sempre al di sotto dei limiti stabiliti. Molto più alto e pericoloso risulta l’elettrosmog prodotto dai telefoni cellulari, se usati troppo a lungo e senza auricolare.
Energia elettrica. La produzione di energia elettrica comporta normalmente l’impiego di combustibili fossili e altri agenti inquinanti, che contribuiscono al riscaldamento globale e peggiorano la qualità dell’aria. Per ridurre l’impatto ambientale è necessaria la transizione verso fonti di energia rinnovabile e pulita, come il fotovoltaico. Questa scelta è stata adottata dal Comune e da un numero crescente di cittadini, anche perché conveniente dal punto di vista economico: l’energia prodotta in eccesso viene infatti acquistata dall’ente energetico e scontata in bolletta. Dal 2007 gli edifici municipali e scolastici si sono dotati di impianti fotovoltaici. Il Comune ha inoltre incentivato con apposti contributi la formazione di gruppi d’acquisto per l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti delle abitazioni private; e si è attivato per ridurre il consumo energetico nell’illuminazione degli edifici pubblici. È infatti utile allo scopo anche ridurre il consumo di energia, sia eliminando gli sprechi, sia attraverso l’efficientamento energetico. Inoltre, risulta conveniente partecipare, sia come produttori di energia che come consumatori, ad una CER (comunità energetica rinnovabile) per utilizzare localmente l’energia rinnovabile prodotta.
Rumore. L’inquinamento acustico è un rumore che disturba, causando effetti nocivi sull’attività e sulla salute di persone e animali, nonché sull’ambiente circostante. Può infatti provocare danni all’udito ed altri disturbi, come stress, ansia, insonnia, irritabilità e problemi cardiovascolari. È prodotto principalmente dal traffico veicolare, dalle attività industriali, dai cantieri edili e da elettrodomestici rumorosi, ma può derivare anche da altoparlanti, festeggiamenti prolungati, musica ad alto volume, motociclette con marmitta manomessa, sirene spiegate, impianti di allarme, ecc. Nel 1981 una trentina di famiglie residenti nei pressi dello stabilimento S.E.T.A. si attivarono per far ridurre i “molesti e insopportabili rumori ininterrottamente prodotti giorno e notte dall’industria” rivolgendosi sia alla Società stessa, sia all’Amministrazione comunale, sia ai Carabinieri della stazione Badia affinché venissero bloccate almeno durante la notte “le infernali vibrazioni e i violenti colpi prodotti” dal ciclo continuo delle lavorazioni nello stabilimento. L’intensità dei rumori, misurata dall’USSL 41 di Brescia nel 1989, risultò superiore ai limiti previsti in materia di inquinamento acustico, ma il provvedimento giudiziario richiesto dall’avv. Morabito nel 1990 venne respinto dal Giudice Istruttore in attesa che venissero realizzati i lavori per mitigare la rumorosità. Evidentemente non erano stati sufficienti dieci anni di paziente attesa da parte dei cittadini, che hanno potuto così constatare come la difesa della propria salute debba affrontare spesso una lotta contro potenti e diffusi interessi economici.
Risulta evidente che per fronteggiare adeguatamente il problema degli inquinamenti ambientali, ossia della pulizia della “casa” comune per il benessere della comunità, non bastano leggi e disposizioni, ma diventa necessario che ognuno (famiglie, scuola, associazioni, forze dell’ordine, Amministrazione comunale) faccia la propria parte, anche attraverso un costante intervento educativo. Usare in modo responsabile le risorse naturali e rinunciare ai falsi valori del consumismo è infatti una scelta razionale, che ha in sé una forza etica dirompente tale da modificare i rapporti sociali, politici ed economici e da consentirci di pensare ancora ad un futuro.