ASILO INFANTILE

Martedì, 2 Settembre, 2025 - 10:15
Ufficio: 
Cultura e Sport
Data pubblicazione: 
Martedì, 2 Settembre, 2025
Area Tematica: 

La Scuola Materna “Pietro Cismondi”, tradizionalmente chiamata “Asilo delle suore” in ricordo delle religiose che lo hanno gestito per oltre un secolo, è stato un punto di riferimento per diverse generazioni, che vi hanno ricevuto la loro prima formazione esterna alla famiglia. Ed è ancora un centro educativo importante, scelto ogni anno da decine di famiglie e sostenuto dalla Parrocchia e dall’Amministrazione comunale locale.

 

L’Asilo infantile di Roncadelle è nato all’inizio del ‘900, in un periodo in cui gli asili erano istituzioni sempre più apprezzate e diffuse in terra bresciana. L’esigenza sociale di assistere i bambini in età prescolare, che si era fatta sentire soprattutto da quando molte madri si erano impiegate nel lavoro manifatturiero, era andata poi meglio definendosi con la positiva divulgazione di nuove idee pedagogiche, che sottolineavano l’opportunità di intervenire nell’educazione del bambino già nei primi, decisivi anni di vita. Anche se veniva visto ancora come istituzione assistenziale (v. Legge 17 luglio 1890), l’Asilo infantile si andò tramutando in essenziale strumento educativo e molti Comuni se ne stavano dotando, tanto che nel 1905 nella provincia bresciana se ne potevano contare ben 150, tra pubblici e privati, che accoglievano 14.000 bambini (su un totale di 34.000).

L’occasione per realizzare l’Asilo a Roncadelle venne offerta da un lascito della signora Lucia Mussetti (1829-1901), che in tal modo intendeva onorare la memoria del marito, dott. Pietro Cismondi, medico condotto a Roncadelle dal 1861 fino alla notte del 6 aprile 1885, quando perse tragicamente la vita travolto da un treno al passaggio a livello presso la località Mandolossa.

Il lascito consisteva in un certificato obbligazionario dello Stato di 18.000 lire nominative, che forniva una rendita annua di 900 lire (ridotta a 720 lire dall’imposta sulla Ricchezza Mobile). La rendita, pur consistente, non sarebbe bastata da sola a garantire il funzionamento dell’Asilo, per il quale si preventivava una spesa annua di circa 1.450 lire. Ma quel lascito fu il primo e decisivo passo per poter istituire a Roncadelle una scuola materna, che altrimenti, considerate le magre risorse del Comune, avrebbe dovuto attendere ancora diversi anni.

Con l’occasione, si affrontò anche l’annoso problema di una sede municipale.

Il Consiglio comunale, presieduto dal sindaco Scipione Guaineri, l’11 marzo 1901 accettò il lascito e approvò all’unanimità l’esecuzione di quanto disposto dalla testatrice; e il 13 ottobre deliberò la costruzione del palazzo municipale, che potesse servire anche da scuola comunale e da asilo infantile. Per dare un adeguato sostegno economico all’Asilo vennero coinvolti i maggiorenti del paese in un Comitato di Azionisti. Il 2 marzo 1902 venne approvato in Consiglio comunale lo Statuto Organico dell’asilo. L’erezione in Ente Morale, che consentiva all’Asilo di operare in modo autonomo, venne approvata con Regio Decreto il 1° maggio 1902. In ottobre il Consiglio comunale nominò la Commissione amministratrice e, come presidente, venne eletto il dott. Vincenzi Treccani Chinelli, da poco nominato medico condotto a Roncadelle.

Il Municipio (v.) venne ultimato nel 1903 e poco dopo, il 3 novembre, entrò in funzione l’Asilo infantile, i cui locali al pianterreno comprendevano uno spogliatoio, una grande aula (lunga m. 9,85, larga m. 6 e alta m. 3,90), il refettorio, la cucina e un portico sul retro, che dava su un ampio cortile alberato, utilizzabile per la ricreazione e i giochi all’aperto. I locali erano spaziosi e potevano contenere fino a 70 bambini. Vennero quindi ordinati i mobili necessari: 60 banchi con seggioline, un tavolo, un armadio e una lavagna d’ardesia; dodici panchette e sei tavoli con appositi buchi per le scodelle della refezione. La cucina venne dotata delle attrezzature indispensabili: una credenza, un tavolo, una stufa e vari attrezzi e stoviglie. Era previsto sin dall’inizio un utilizzo della cucina anche per altre necessità sociali: pellagrosario; “cucine economiche” per i poveri; pasti caldi per i ragazzi della scuola elementare, che abitavano nelle cascine più lontane.

L’amministrazione dell’Asilo aveva alle proprie dipendenze un segretario (che fu a lungo il Segretario comunale), una maestra, una bambinaia ed un esattore-tesoriere, le cui mansioni vennero specificate nel Regolamento approvato il 1° dicembre 1903. Come maestra venne assunta la giovane Alice Fantoni, munita di “patente” per l’insegnamento elementare, con uno stipendio annuo di 500 lire. Come inserviente-bambinaia venne assunta Cecilia Angelina Tomasi, con un salario anno di 200 lire. Il primo tesoriere, cui venne affidata la gestione delle riscossioni e dei pagamenti, fu il rag. Vittorio Crescini, che percepiva l’1,35% sulle riscossioni. Veniva inoltre utilizzata l’opera di un inserviente d’ufficio (normalmente il cursore comunale) per la consegna dei vari avvisi e messaggi riguardanti il funzionamento dell’Asilo, compito assegnato dapprima a Luigi Buratti e, dopo la sua morte, svolto a lungo da Tommaso Facchinetti.

Vennero inoltre definite le rette, che le famiglie dei bambini iscritti dovevano versare mensilmente come contributo alle spese di gestione dell’Asilo. Le quote erano diversificate in base al reddito: 2 lire mensili per ogni bambino di famiglia agiata; 1,50 lire per il bambino di famiglia benestante; 0,50 lire per il bambino di famiglia povera. Era prevista l’esenzione solo per le famiglie di condizioni economiche “miserabili”.

Per contenere il numero delle iscrizioni, inizialmente si accolsero solo i bambini dai 4 ai 6 anni, che il primo anno furono 54, la metà dei quali apparteneva a famiglie povere.

Il calendario di apertura dell’Asilo rispecchiava quello adottato dalla scuola elementare: apertura dall’inizio di novembre alla fine del mese di agosto successivo, con chiusura nei giorni festivi ed ogni giovedì. L’orario giornaliero era di sette ore (dalle 9 alle 16) nel periodo invernale, e di dieci ore (dalle 8 alle 18) nel periodo estivo.

Il metodo educativo adottato era quello elaborato dal pedagogista tedesco Friedrich Fröbel (1782-1852), che risentiva di un’impostazione romantica e fortemente religiosa; era fondato sul gioco, in grado di manifestare la vita interiore e generare allegria, libertà e armonia con se stessi e con il mondo. Il metodo fröbeliano, considerato più moderno e progressista di quello aportiano, venne divulgato a Brescia dal direttore didattico Pietro Pasquali (1847-1921) e dalle sue allieve Rosa e Carolina Agazzi, che nel 1895 avevano fondato l’asilo guida di Mompiano. Si trattava di un modello caratterizzato da un’atmosfera familiare e da un ambiente stimolante, con l’uso di materiali semplici e quotidiani. A disposizione dei bambini vi erano delle lavagnette “rigate e quadrettate”, un piccolo pallottoliere e vari oggetti didattici, tra cui cubi e prismi di diverse dimensioni, figure geometriche, palle di lana colorate, mattoncini, triangoli e quadrati in cartoncino colorato per mosaici, giochi didattici, che si mescolavano alle “cianfrusaglie” procurate in vario modo dall’insegnante.

I bambini erano “pure provveduti a tutte spese dell’Asilo di un grembialino e di un cappello, uniforme che viene però portata soltanto nelle passeggiate e nelle occasioni solenni”. In particolare, quando veniva richiesta la loro partecipazione ad un funerale, i bambini dell’Asilo indossavano l’uniforme e camminavano in testa al corteo. Ed i familiari del defunto versavano poi un’offerta all’Asilo.

Una volta all’anno si teneva il “saggio” con canti e rappresentazioni eseguite davanti ai genitori e alle autorità locali, alla fine del quale si raccoglievano le offerte dei benefattori.

Dopo il primo triennio, nell’ottobre 1906 la maestra Alice Fantoni scelse di dedicarsi alla scuola elementare e l’insegnamento fu allora affidato alle Suore Orsoline di Manerbio. Lo stesso anno venne eletta alla presidenza della Commissione la contessa Orsolina Maggi Guaineri (1872-1958), destinata a lasciare un segno profondo nella gestione amministrativa dell’Asilo. La conduzione dell’Asilo fu affidata a suor Margherita Andreola, che ebbe accanto come inserviente Caterina Loda, finché nel maggio 1910 le suore Orsoline si ritirarono dall’impegno, forse perché ritenevano insufficienti gli spazi riservati a loro e ai bambini. Per risolvere questo problema, Ercole Guaineri cedette gratuitamente al Comune un’area adiacente al Municipio con un progetto tecnico di un nuovo fabbricato, che avrebbe potuto accogliere 90 bambini e l’alloggio per le suore. Ma l’Amministrazione comunale non se la sentì di accollarsi un nuovo mutuo; e si limitò ad applicare nel 1915 una serranda a vetri al portico (lungo m. 12,30 e largo m. 5), che venne adibito a refettorio, e a ricavare all’interno l’alloggio per le suore. Doveva essere una soluzione provvisoria, ma durò sessant’anni.

A condurre l’Asilo furono allora chiamate le suore della Sacra Famiglia di Spoleto, che già gestivano l’asilo di Torbole, offrendo loro vitto, alloggio e riscaldamento gratuiti, stipendio per la maestra e una sua assistente, con la possibilità di usufruire del guadagno derivante dalla scuola di lavoro femminile già avviata dalle Orsoline. Il 15 ottobre 1910 arrivarono a Roncadelle tre suore, come comportava la loro regola, per formare una piccola comunità: suor Luigina Codeleoncini, milanese, maestra d’asilo; suor Paolina Nizzi, perugina; e suor Paolina Angelico, siracusana. Iniziò così il lungo sodalizio della congregazione della Sacra Famiglia con la comunità roncadellese. Oltre a dedicarsi all’Asilo, le suore hanno gestito a lungo l’Oratorio femminile e hanno dato un costante e prezioso apporto alla vita della parrocchia, condividendo per un secolo con i Roncadellesi gioie e sofferenze, difficoltà e speranze.

Nel 1910 il ministro Luigi Credaro formò una Commissione di studio per elaborare i Programmi degli asili infantili e i giardini d’infanzia, cui partecipò anche Pietro Pasquali, che propose come modello l’esperienza delle sorelle Agazzi. Promulgati con R.D. 4 gennaio 1914 n. 27, i “Programmi” ribadivano che l’asilo non è una scuola e contenevano un dettagliato Piano educativo articolato in varie parti (educazione fisica, morale, civile, intellettuale ed estetica), che costituì un duraturo riferimento per l’azione educativa prescolare.

Intanto, con l’estensione dell’iscrizione ai bambini di tre anni, andarono aumentando le frequenze all’Asilo di Roncadelle, che nel 1909 superarono le 70 presenze giornaliere e nel 1916 arrivarono ad una media di 90 presenze giornaliere. Nel 1918 la vacanza estiva venne estesa a tutto il mese di agosto. E l’importo delle rette fu periodicamente adeguato all’aumento dei costi, tanto che nel secondo decennio le rette arrivarono a coprire in media il 25% delle entrate.

Il resto delle entrate arrivava da contributi del Comune e della Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, ma soprattutto dalle offerte dei privati. L’occasione era spesso offerta da una ricorrenza, da un evento familiare lieto o luttuoso, da un guadagno imprevisto o dalle insondabili vie del cuore. Tra i maggiori benefattori vanno certamente ricordati i Guaineri ed altri possidenti locali (Dusi, Lombardi, Manzoni, Turlini, ecc.) e vari negozianti, dal fornaio Giuseppe Moreschi al pizzicagnolo Luigi Fantoni, dal macellaio Faustino Comini agli osti Carlo Facchinetti e Vincenzo Conti. Preziosi risultarono anche alcuni lasciti privati, come quello testamentario di Anna Frugoni (300 lire nel 1905), il legato Francesco Prandelli (250 lire nel 1909), la donazione Giuseppe Gallizioli (500 lire nel 1916). Venivano inoltre compiuti ogni anno diversi atti di beneficenza più modesti, in denaro o più spesso in natura o in prestazioni di manodopera, che costituivano altrettanta manna per le modeste casse dell’Asilo e che manifestavano un costante sforzo collettivo per il suo sostentamento. Ogni anno si organizzava, in concomitanza con il “saggio”, anche una pesca o una lotteria per raccogliere fondi.

Durante la guerra del 1915-18 fu richiesto un impegno straordinario all’Asilo, che dovette “provvedere alla custodia di bambini e fanciulli appartenenti alle famiglie di richiamati alle armi”. Le spese vennero in parte coperte da contributi pubblici. Nel biennio della Giunta socialista, che decise adeguamenti di stipendi e incrementi di forniture alimentari per motivi assistenziali, il bilancio dell’Asilo risultò fortemente deficitario (anche per la dura opposizione dei possidenti locali) e si dovettero aumentare le rette, nonché il numero degli azionisti, che arrivò a 164.

L’avvento del fascismo (v.), preceduto a Roncadelle dall’elezione di Letizia Negroni Dolci a presidente della Commissione amministratrice dell’Asilo il 14 maggio 1922, comportò una revisione del sistema educativo, che venne improntato alla disciplina e all’obbedienza; e l’addestramento paramilitare dei ragazzi divenne parte fondamentale della cultura e dell’educazione fascista. A quattro anni il bambino diventava “figlio della lupa” e la bambina “piccola italiana”. Anche gli asili vennero inseriti nelle finalità sociali ed educative dello Stato: con la riforma del ministro Giovanni Gentile (1923), l’asilo diventava “scuola di grado preparatorio”, ossia il primo grado dell’istruzione elementare e l’orario delle attività venne articolato su 35 ore settimanali. Nel 1925 fu introdotto l’obbligo del giuramento per il personale di ruolo nelle istituzioni e dovettero sottostare a tale umiliante imposizione, davanti al Podestà e ad alcuni testimoni, anche la presidente e le suore che gestivano l’Asilo; una delle suore uscì piangendo da tale cerimonia.

Nel 1927 tornò a presiedere l’Asilo la contessa Orsolina Maggi Guaineri. Svolgevano una funzione di vigilanza sull’Asilo, oltre al Regio Ispettore scolastico, anche le patronesse, che furono a lungo Rosa Galbiati, Caterina Dusi Treccani, Elisabetta Pezzana, Maria Berardi Manzoni, Maria Mantovani Guaineri.

Nel 1928 l’Asilo dichiarava 82 iscritti (47 maschi e 35 femmine). La durata dell’anno scolastico andava dal 1° ottobre al 30 giugno successivo, con un orario invernale di sette ore giornaliere (dalle 8,30 alle 15,30) ed uno estivo di nove ore (dalle 8 alle 17). Il giorno di vacanza settimanale venne spostato dal giovedì al sabato, come in tutte le scuole, per consentire i giochi ginnici o le parate, in cui i ragazzi venivano dotati di uniformi e piccoli fucili finti.

In quel periodo si dotò l’Asilo di più moderne attrezzature, soprattutto per il servizio di cucina, utilizzato anche per scopi assistenziali (come la Cucina Economica per i bisognosi, istituita dal Comune nel 1927 e la refezione per i bambini poveri segnalati dall’O.N.M.I.); nel 1932 si acquistò una nuova cucina metallica, munita di forno e due caldaie; nel 1934 venne installato un impianto idraulico e sanitario con elettropompa, oltre a “turche e lavabi”.

L’incremento demografico, favorito anche dalla propaganda di regime, fece aumentare le iscrizioni all’Asilo, tanto che nel 1934 il numero delle suore venne portato a quattro, di cui tre stipendiate; e dal 1937 vennero costituite due sezioni di circa 70 iscritti ciascuna. Come seconda aula si dovette utilizzare il refettorio. Alle suore venne affiancata una bidella (Celesta Pinetti, poi sostituita da Maria Panada), che d’inverno poteva essere adibita a cuoca, anche per l’assistenza E.C.A. ai poveri, mentre nella stagione estiva poteva essere chiamata a svolgere qualche servizio per la Colonia solare. Normalmente prestava servizio dalle ore 8 alle 16 tutti i giorni feriali, escluso il sabato.

Non essendoci in parrocchia un edificio per l’Oratorio femminile, le ragazze si trovavano dalle suore, presso l’Asilo: erano una sessantina dai 12 ai 15 anni e circa 150 di età superiore.

Nel 1938 si dovette cambiare lo Statuto per adeguarlo alle nuove disposizioni del Governo, che intendeva asservire anche la gestione degli asili agli indirizzi politici del regime. Vi veniva recuperato l’aspetto assistenzialistico privilegiando l’iscrizione dei bambini poveri, nonché gli orfani dei caduti, mutilati e invalidi di guerra e i bambini di famiglie numerose non adeguatamente custoditi. Nel Consiglio d’Amministrazione i componenti vennero ridotti a cinque: tre nominati dal Podestà e due dal segretario del Fascio locale. Durante la guerra del 1940-45 l’Asilo dovette sopperire a diverse esigenze assistenziali.

Le rette pagate dalle famiglie, anche se continuamente adeguate ai costi crescenti, non bastavano mai a coprire le spese ordinarie di gestione. Un po’ di sollievo finanziario venne offerto dal lascito testamentario della maestra Rosa Galbiati, che nel 1943 destinò i suoi beni (una casetta e un appezzamento di terreno attiguo) al Comune per realizzarvi la sede dell’Asilo infantile. Ma il Comune si limitò a percepire l’affitto di quegli immobili, che vennero poi venduti nel 1947.

Dopo la caduta del fascismo, nel 1945 vennero emanati i nuovi Programmi per la scuola elementare e materna dal ministro Arangio Ruiz, che rimisero al centro del processo educativo il bambino, la cui personalità venne definita “sacra” (come aveva affermato la Carta dell’Infanzia emanata a Ginevra nel 1942). Lo sviluppo fisico e mentale del bambino veniva affidato alla sensibilità e capacità della maestra, che doveva integrare l’opera della madre “prima e naturale educatrice”. Gli ambienti dell’Asilo dovevano essere modellati il più possibile sulla “casa”, creare il senso di intimità familiare e garantire un immediato contatto con la natura.

A Roncadelle, Scipione Guaineri come sindaco provvisorio e il parroco don Carlo Vezzoli ridefinirono le modalità di formazione del Consiglio di Amministrazione dell’Asilo: le tre nomine podestarili furono assegnate al Consiglio comunale e le altre due nomine (proposte dal sindaco) passarono al Prefetto, al quale spettava anche la nomina del presidente. Nel 1947 venne formato il nuovo Consiglio, presieduto da Alice Fantoni.

A condurre l’Asilo c’erano la direttrice, madre Ernesta, con quattro religiose: due insegnanti (suor Geltrude e suor Gioconda), un’assistente (suor Brigida) ed una cuoca (suor Silvestra). Suor Geltrude Capobianco (1904-1998), esperta in lavori di cucito e ricamo, teneva nei pomeriggi feriali una scuola di cucito per un gruppo di ragazze che, mentre eseguivano i lavori, ascoltavano letture edificanti (per lo più vite di Santi). Suor Geltrude ricamò anche il vessillo della Banda musicale (v.) disegnato dal futuro sindaco Luigi Sala. D’estate la scuola di cucito veniva estesa a tutte le bambine interessate. Un’altra figura, che tutti ricordano ancora, è suor Brigida Sironi (1898-1985), che ha trascorso 50 anni a Roncadelle. Aveva una vista difettosa e dita nodose, ma quante persone ricordano ancora la serenità trasmessa dal suo sguardo e da una sua carezza! Quanti bambini irrequieti sono stati calmati dalla sua voce mite e materna! I suoi rimproveri amorevoli erano spesso più efficaci di un castigo severo. Quante ragazze, diventate grandi, tornavano da lei a confidare i loro crucci, sapendo di trovare attenzione e conforto! Ai bambini che, nelle fredde mattine d’inverno, arrivavano a piedi dalla campagna, suor Brigida forniva, quasi di soppiatto, una scodella di latte caldo e ristoratore, con un gesto destinato a lasciare nella formazione del bambino un segno incisivo, più efficace di tante parole.

Anche nel corso di accesi conflitti politici e ideologici, la presenza delle suore all’Asilo non venne mai messa in discussione, in piena sintonia con i sentimenti della popolazione locale.

L’Amministrazione comunale, cercando di favorire i bisogni delle famiglie povere, nel dopoguerra esentò dal pagamento della retta i due terzi degli iscritti. Oltre alla diffusa povertà, erano frequenti le malattie infettive che, nei casi più gravi, comportavano la chiusura temporanea dell’Asilo, come avvenne nel marzo 1949 (epidemia di parotite) e nel febbraio 1950 (difterite).

L’Asilo ospitava quotidianamente oltre cento bambini, suddivisi tra “grandi” e “piccoli”. Tutti dovevano presentarsi indossando un grembiulino, per lo più a quadretti rosa o blu, e molti portavano il cestino, contenente qualcosa da mangiare (un pane, un formaggino, un frutto) ed una bavaglia. Quando si andava a qualche funzione religiosa o si partecipava ad un funerale, bisognava indossare le divise fornite dall’Asilo: grembiulini d’estate e uniformi blu, con mantellina e basco, d’inverno.

Nel 1961 il sindaco Luigi Sala, in occasione del rinnovo del Consiglio di Amministrazione dell’Asilo propose al Prefetto la nomina del parroco don Carlo Vezzoli, che ne divenne così presidente; e nel 1962 l’Amministrazione comunale progettò un ampliamento degli spazi ormai insufficienti dell’Asilo pensando di estenderli all’adiacente edificio dell’ex Casa del Fascio, ma il progetto venne respinto dalla Commissione provinciale per l’edilizia scolastica.

Con l’aumento delle iscrizioni, i locali a disposizione apparivano sempre più inadeguati. Nel 1969 le sezioni dell’Asilo divennero tre. Ed era sempre più evidente la necessità di dare ai bambini e alle suore un ambiente più dignitoso e adeguato. La soluzione venne offerta dal nuovo parroco don Amilcare Gatelli (presidente dell’Ente Morale), che nel 1973 ospitò la Scuola Materna in un nuovo edificio appositamente costruito dalla parrocchia nell’ambito delle Opere Giovanili (v.) in via Roma n. 77. L’edificio, dotato di sei aule, due saloni ed una cucina attrezzata, oltre che dell’ufficio direzione e di servizi igienici adeguati, ospitò quattro sezioni. E le suore vennero affiancate, per la prima volta dopo 67 anni di gestione religiosa, da una maestra laica (Nerina Bellandi); e due anni dopo vennero assunte altre due giovani maestre laiche (Rosanna Bignotti ed Elena Corradi), mentre la direzione dell’asilo rimase affidata ad una suora.

L’Amministrazione comunale, dovendo garantire il servizio pubblico nel rispetto di tutti i valori educativi e ideologici, decise quindi di usufruire della Legge 444 del 18 marzo 1968 per avviare una Scuola Materna Statale, che fu costruita accanto alla Scuola Media e inaugurata nel 1977.

Le due scuole materne sembravano destinate a convivere e a completarsi a vicenda; una certa competizione tra di loro avrebbe anzi comportato un miglioramento del servizio per gli utenti. La “Cismondi” si impegnò a migliorare la propria offerta formativa, compatibilmente con le risorse disponibili, senza trascurare le finalità assistenziali e la propria identità educativa basata su valori religiosi. Ogni anno ha ammesso gratuitamente alcuni bambini di famiglie particolarmente disagiate; ha adottato orari di entrata e di uscita più flessibili per andare incontro alle esigenze di tante famiglie. Ciò le ha consentito di avere sempre un elevato numero di richieste di iscrizioni. Ogni sezione raggiungeva il tetto massimo consentito di 30 bambini. Il Comune garantiva il servizio di trasporto con lo scuolabus per quanti ne facevano richiesta ed avrebbe provveduto ad avviare un servizio mensa comune. Le rette venivano stabilite di comune accordo. Disporre di due scuole materne costituiva un indubbio vantaggio per la comunità locale e permetteva ai genitori di scegliere liberamente tra due tipi di scuola, anche se molti sceglievano in base alla propria comodità. Diventò invece subito evidente che gli obiettivi strategici dell’Amministrazione comunale e quelli dell’Ente Morale erano diversi ed andavano sempre più divergendo. Se l’esistenza della Materna Statale aveva un significato come offerta alternativa ed andava difesa in nome della libertà e del pluralismo, l’atteggiamento assunto nei confronti dell’Ente Morale dall’Amministrazione comunale, che arrivò al punto da metterne in forse la sopravvivenza, riuscì a ribaltare i termini della questione agli occhi di molti cittadini, che si trovarono costretti a difendere l’autonomia dell’Asilo delle suore come segno di vero pluralismo e garanzia di autentica libertà civile.

Ad una prima convenzione, approvata nel novembre 1977, che prevedeva il limite massimo di quattro sezioni alla “Cismondi” e l’inquadramento dei suoi dipendenti nel contratto nazionale Enti Locali, con l’impegno del Comune di coprire gli eventuali disavanzi di bilancio dell’Ente Morale, seguì un lungo braccio di ferro, con cui l’Amministrazione comunale, non intendendo più sovvenzionare l’Ente Morale a causa del crescente onere che comportava, tentò di scioglierlo, senza riuscirci. Si addivenne quindi ad una nuova convenzione (luglio 1986), con la quale l’Ente Morale riduceva a tre le proprie sezioni consentendo alla Materna Statale di aumentare i propri iscritti, ma garantendosi un contributo comunale equo e regolare.

Negli anni seguenti tra Amministrazione comunale e parrocchia si ristabilì un rapporto di reciproca stima e collaborazione, nella distinzione dei ruoli e delle competenze La titolazione della Materna Statale al nome di suor Brigida Sironi sembrò suggellare la pace tra le due scuole.

Dopo che nel 1990 la Regione, in seguito ad una sentenza della Corte Costituzionale che dichiarava illegittimo l’art. 1 della Legge 6972/1890, ha provveduto a regolamentare la depubblicizzazione delle II.PP.A.B., la Scuola Materna “Cismondi” ha chiesto la privatizzazione (che è stata concessa dalla Giunta regionale il 24 febbraio 2000) ed ha potuto così snellire operativamente la propria gestione. Nel 1998 ha adottato un nuovo Statuto, in base al quale non si chiama più “Asilo infantile”, ma Scuola Materna “Pietro Cismondi”, è stato specificato il proprio carattere educativo religioso e la composizione del Consiglio di Amministrazione, del quale fanno parte il parroco pro tempore e quattro membri designati dal Sindaco di Roncadelle (poi ridotti a due, lasciando la nomina degli altri due al parroco).

Dopo la privatizzazione, la Scuola Materna ha ottenuto la parificazione con D.M. 28 febbraio 2001 e gode di piena autonomia gestionale. Essa può infatti decidere in merito al proprio funzionamento senza chiedere autorizzazioni alle autorità scolastiche statali precedentemente preposte alla vigilanza e non deve far approvare ad organi esterni la nomina delle proprie educatrici d’infanzia.

Oltre all’impegno delle maestre, la scuola ha usufruito a lungo dell’opera di Gino Filippini e di Giorgio Consonni e ha sempre basato le proprie iniziative sulla collaborazione attiva dei genitori e delle associazioni di volontariato locali. Non è più l’Asilo delle suore (anche perché le suore non ci sono più), ma è lecito presumere che la Scuola per l’infanzia, avviata a Roncadelle oltre un secolo fa con grande impegno e convinzione, sia destinata a rimanere un punto di riferimento utile, prezioso, essenziale per la comunità locale.