SAN BERNARDINO DA SIENA

È il santo Patrono di Roncadelle, cui è dedicata la chiesa parrocchiale (v.) che contiene al suo interno due tele d’altare (una del 1530 e l’altra del 1680 circa) e una statua lignea che lo raffigurano, nonché (dal 2003) una sua reliquia; e sulla facciata un affresco degli anni Trenta e otto moderne formelle applicate al portale, che ne ricordano la biografia. La sua festa annuale è celebrata il 20 maggio con una partecipata processione religiosa e, spesso, con una sagra nel centro del paese.
Bernardino nacque l’8 settembre 1380 dalla nobile famiglia senese degli Albizzeschi a Massa Marittima, dove il padre Tollo era governatore. Rimasto orfano (a tre anni della madre Nera e a 6 del padre), fu affidato dapprima alla zia materna Diana e poi allo zio paterno Cristoforo, che gli fece frequentare le scuole del tempo a Siena, dove Bernardino coltivò la sua predilezione per la letteratura: “nella Bibbia et in altre Scripture non mi potevo dilettare, anzi leggendo mi veniva dormito” ricordava lui stesso qualche tempo dopo. Ma l’influenza della cugina Tobia, terziaria francescana, lo indirizzò verso la vocazione religiosa: dopo aver assistito per alcuni mesi gli appestati nell’ospedale della Scala di Siena, l’8 settembre 1402 Bernardino vestì il saio francescano e, un anno dopo, professò solennemente i voti di povertà, castità e obbedienza. Nel 1404 divenne anche sacerdote.
Voleva fare il predicatore fra’ Bernardino, ma aveva una costituzione fisica molto gracile e una voce troppo fioca; così, per alcuni anni, si dedicò alla costruzione di nuovi conventi in Toscana e ai bisogni dei suoi confratelli, sostenendo attivamente l’Osservanza, ossia il movimento teso a ripristinare la pratica rigorosa della Regola francescana dopo un periodo di decadenza dell’Ordine. Raccontano le agiografie che una notte, mentre pregava nella sua celletta, si sentì lambire la gola da un globo di fuoco: la voce assunse un tono robusto e il discorso gli divenne sempre più facile e fluente. Sta di fatto che dal 1417 predicò ininterrottamente e con grande successo in molte città dell’Italia centro-settentrionale. La gente correva ad ascoltarlo e, quando la chiesa non bastava, si radunava in piazza.
Bernardino dava grande valore alla predicazione che, per quei tempi (in cui pochissimi sapevano leggere) era una sorta di scuola pubblica con finalità morali: “Tutte le cose che tu sai, vengono dalla parola udita dall’orecchia tua” soleva dire. Egli ricordava alle folle i doveri del buon cristiano, toccando situazioni concrete e attuali; predicava contro i vizi più diffusi (maldicenza, odi politici, attaccamento alla ricchezza, lussuria, usura, ecc.) e, figlio del suo tempo, se la prendeva a volte anche con le streghe.
Bernardino usava un linguaggio semplice e vivacissimo, arricchito da parabole e brevi racconti e inframmezzato da improvvisi dialoghi: “Elli bisogna che il nostro dire sia inteso. Sai come? Dirlo chiarozzo chiarozzo, acciò che chi ode ne vada contento e illuminato e non imbarbagliato”. Egli riusciva a farsi capire e ascoltare da tutti; parlando in modo discorsivo e convincente, sapeva stabilire immediatamente una profonda sintonia con gli ascoltatori. Divenne così uno dei più arguti e affascinanti predicatori che la storia ricordi. Siccome le sue prediche si svolgevano all’alba, prima che iniziasse la giornata di lavoro, per mantenere viva l’attenzione degli ascoltatori ricorreva anche a salti e capriole. Con la sua parola riusciva a risvegliare nelle coscienze il sentimento religioso assopito, a richiamare gli ascoltatori alla pratica dei Sacramenti, a conciliare gli odi tra le fazioni, a suggerire riforme sociali e iniziative solidaristiche.
Diversi suoi sermoni ci sono stati tramandati grazie alle trascrizioni di alcuni suoi ascoltatori: un oscuro cimatore di panni senese, Benedetto di mastro Bartolomeo, trascurò il suo lavoro per alcune settimane, dall’agosto all’ottobre 1427, per “stenografare” e raccogliere le prediche di fra’ Bernardino in piazza del Campo “non lassando una minima paroluzza di quelle che uscivano da quella santa boca!”. Le 45 prediche raccolte vennero pubblicate, dopo la sua morte, col titolo “Prediche volgari”.
Il suo pensiero ha avuto una certa influenza persino nel campo delle teorie economiche: nell’opera intitolata “Sui contratti e l’usura” affronta anche il tema dell’etica del commercio, sostenendo che l’imprenditore, per essere onesto, deve praticare quattro virtù: efficienza, responsabilità, laboriosità, assunzione del rischio. I guadagni che derivano a chi si attiene a queste virtù sono la giusta ricompensa per il duro lavoro svolto e i rischi corsi. Per contro, condanna i nuovi ricchi, che invece di investire la ricchezza in nuove attività, preferiscono prestare a usura e strangolano la società anziché farla crescere.
Bernardino da Siena percorse in lungo e in largo l’Italia, incontrando sempre folle entusiaste e alcune ostilità da parte di frati e Ordini rivali. Venne anche a Brescia in alcune occasioni: nel 1421 e nel 1422 vi predicò per riconciliare gli animi dei cittadini e fu “ascoltatissimo”; vi ritornò forse nel 1427 per accompagnare il vescovo Francesco Marerio e poi ancora nel 1436; nell’aprile 1442 fu con certezza a Gardone Val Trompia per fondarvi un convento e, nello stesso anno, fu probabilmente tra i sette predicatori chiamati a Brescia dal Consiglio Generale per contrastare lo scadimento dei costumi. Transitò un paio di volte anche da Roncadelle, facendovi forse una sosta nel 1421 o 1422, mentre si recava ad Orzinuovi.
Quando l’entusiasmo popolare pretendeva di affidargli cariche pubbliche o di trascinarlo nelle beghe locali, fra’ Bernardino si defilava con una battuta o, a volte, con fughe precipitose. Rifiutò anche tre vescovati offertigli dal papa: quello di Siena nel 1427, di Ferrara nel 1432 e di Urbino nel 1435. Per questo viene spesso ritratto con tre mitre ai suoi piedi (come nella pala d’altare della chiesa di Roncadelle). Ma il simbolo con cui è normalmente identificato è il famoso monogramma (in realtà un trigramma) del Nome di Gesù: le lettere I H S, che indicano le iniziali della frase latina Iesus Hominum Salvator, circondate da dodici raggi serpeggianti d’oro in campo azzurro e dalla scritta “Nel nome di Gesù si inchinino il cielo, la terra e l’inferno”. Bernardino propose questo simbolo da diffondere su tavolette, dopo che i produttori e i commercianti di Bologna si erano infuriati con lui perché aveva convinto i cittadini a disfarsi di tutti gli oggetti di vanità, le carte da gioco, gli amuleti della superstizione popolare, che costituivano buona parte del commercio locale.
Le tavolette col monogramma radiante si diffusero rapidamente, insieme alla devozione al nome di Gesù: quasi non vi era abitazione privata o palazzo pubblico che non se ne fregiasse, né mancò chi ne fece un oggetto-gioiello o un vero e proprio talismano. Lo stesso Bernardino spiegò il significato della tavoletta: Gesù era il sole che, con i suoi dodici raggi (gli apostoli), doveva illuminare l’umanità. Il monogramma fu poi adottato, con piccole varianti, come simbolo della Compagnia di Gesù nel ‘500. Nella parrocchiale di Roncadelle è riprodotto sia nella vetrata della facciata che sul soffitto dell’atrio di ingresso.
Accusato di eresia, Bernardino dovette discolparsi davanti al papa Martino V e andò a finire che il pontefice lo trattenne a Roma come grande predicatore per ben ottanta giorni: “Quando vi entrai” ricordò in seguito Bernardino con una certa soddisfazione “chi mi voleva fritto e chi arrostito; e poi che ebbero udite le predicazioni che io loro feci, chi avesse detto una parola contro di me, mal per lui”. Dal 1438 al 1442 Bernardino fu vicario generale dell’Ordine francescano.
Intanto la sua salute andava peggiorando: dopo 27 anni di viaggi e predicazioni in molte città italiane, il suo fisico esile era spossato. Bernardino morì all’Aquila in Abruzzo il 19 maggio 1444, mentre si accingeva a predicare la crociata bandita dal papa contro i Turchi. Il giorno seguente, essendo scoppiati disordini tra le fazioni della città, mentre la sua salma era esposta per le esequie, un rivolo di sangue uscito dalle sue narici venne interpretato dagli aquilani come un monito e riuscì a riportare la pace nella città.
Dopo la sua morte, molti cominciarono a venerarlo come un santo e la Chiesa istruì rapidamente il processo di canonizzazione, che si concluse nel 1450. Il comune di Brescia (di cui faceva parte anche il sobborgo di Roncadelle), dopo aver caldeggiato la canonizzazione di Bernardino da Siena, nel 1451 deliberò che il 20 maggio di ogni anno dovesse considerarsi festivo in suo onore. E, poco prima del 1480, a Roncadelle sorse una chiesetta a lui dedicata, destinata a diventare chiesa parrocchiale (v.).