PARROCI DI RONCADELLE
Chiamati ad essere guide spirituali della comunità cristiana, i parroci hanno sempre svolto, sia pure in modo diverso, un ruolo determinante nella vita e nell’evoluzione morale e culturale della nostra popolazione. Riteniamo pertanto doveroso ricordare, anche se in modo sommario, le loro figure, che fanno parte a tutti gli effetti della storia della nostra comunità. Quei sacerdoti hanno condiviso infatti con la comunità locale i momenti più belli e più difficili, le nascite, i matrimoni, i lutti e, spesso, la fatica di vivere. Hanno gioito e sofferto con tutti. Hanno orientato e aiutato. Hanno cercato di sanare le divisioni. Hanno portato, soprattutto, una grande speranza.
Di molti di loro abbiamo pochissime notizie. Ognuno di loro viene generalmente ricordato per le opere visibili, che sono solo una parte (e neanche la più importante) del loro impegno e del loro lascito.
L’educazione morale e l’assistenza religiosa alla comunità di Roncadelle furono dapprima assicurate dal monastero femminile di S. Giulia, che provvedeva a inviare un sacerdote per la messa festiva nella locale chiesetta di “Santa Giulina”. Il sacerdote aveva diritto, tra l’altro, ad una fornitura periodica di scarpe nuove per i frequenti e lunghi spostamenti, che effettuava quasi sempre a piedi. La parrocchia locale si andò costituendo però intorno alla chiesa di S. Bernardino da Siena, dopo che i Porcellaga (v.) ne ebbero acquisito il giuspatronato (v.) intorno al 1530. Si trattava inizialmente di una “cura” di circa 700 anime, dipendente dalla parrocchia di S. Maria di Fiumicello e affidata ad un curato, che cominciò ad essere chiamato “parroco” alla fine del ‘600. Il parroco era scelto dai “patroni” e mantenuto per metà da questi e per l’altra metà dai fedeli. Il diritto di patronato venne esercitato per quattro secoli dai proprietari del castello di Roncadelle, finché i nob. Guaineri (v.) vi rinunciarono.
Il primo curato fu forse don Gerolamo Faustini di Castelcovati, che era anche cappellano della chiesetta di Santa Giulina. Intorno al 1540, egli favorì la nascita e lo sviluppo della Confraternita del SS. Sacramento (v.) l’importante organizzazione laicale che per quattro secoli ebbe un ruolo rilevante nella parrocchia, con il compito di diffondere il culto eucaristico ed altre pratiche devozionali, di curare le celebrazioni del Corpus Domini e il relativo altare e di occuparsi di attività assistenziali, gestendo per questi scopi un patrimonio che si andò incrementando grazie a vari lasciti. In quel periodo i defunti si seppellivano accanto alla chiesa di S. Bernardino e, intorno alla metà del ‘500, venne autorizzata l’amministrazione dei battesimi in parrocchia.
Dopo un don Nicolò, documentato nel 1559, fu la volta di don Bernardo Bertoldi di Castegnato. Egli fece consacrare la chiesa parrocchiale (3 giugno 1565) e accolse le visite pastorali (v.) del vescovo Bollani nel 1565 e nel 1572. Pur essendo stimato da tutti, don Bertoldi fu giudicato scarsamente istruito (come gran parte dei curati di campagna dell’epoca) e venne pertanto invitato dal vescovo a studiare i decreti del Concilio di Trento e il Catechismo. Proprio in esecuzione di un decreto conciliare, egli cominciò a tenere la registrazione dei battesimi e delle sepolture, documenti che risultano ancora fondamentali per le ricerche storiche su quel periodo. Egli rimase a Roncadelle fino al 1575 e poi ancora dal 1581 al 1591. Il lungo periodo di assenza dal 1576 al 1580, durante il quale fu sostituito da ben cinque curati diversi (tra cui Dionisio Capirola di Manerbio), è da mettere in relazione al diffondersi della peste e di altre epidemie (v.). La popolazione locale, in quegli anni, si ridusse a 560 abitanti.
Nel 1592 fu chiamato a guidare la parrocchia don Bartolomeo Silvestri, che rimase a Roncadelle fino al 1619. Egli favorì, insieme a padre Massimo da Verola, la nascita della Confraternita del S. Rosario (v.) che aveva il compito di diffondere la pratica del Rosario sia a livello individuale che comunitario. E al culto mariano venne dedicato il secondo altare laterale della parrocchiale. In questo periodo sorsero altre chiesette rurali: quella di S. Rocco presso la cascina Villa Nuova (v.), di S. Francesco nella cascina Fedrisa (v.) e di Ognissanti alla cascina Savoldo (v.). Don Silvestri accolse il vescovo Giorgi in visita pastorale per ben due volte, nel 1601 e nel 1612.
Mancano notizie significative dei suoi immediati successori: don G. Battista Maffeis (1620-24), don Martino Casinello (1624-31), don Giulio Calcagni (1631-32), don G. Battista Pasini di Bornato (1633-36, poi promosso a Marmentino), don Francesco Cesareni (1637-40) ex curato di Bottonaga. In quel periodo la popolazione locale, oltre ad essere colpita dalla famosa peste del 1629-30, cominciò a subire soprusi e angherie da parte dei signori del castello e si strinse quasi tutta attorno al sacerdote, visto come guida spirituale e autorità morale.
Il complesso rapporto tra il parroco e i suoi patroni, che lo sceglievano e lo stipendiavano, era generalmente basato sulla collaborazione e sul rispetto delle rispettive funzioni, ma sfociò a volte in contrasti più o meno aperti, come accadde a don Pellegrino Lurani, che venne fatto bastonare da Pietro Aurelio Porcellaga per aver biasimato in chiesa la condotta di alcune ragazze che partecipavano alle feste in castello e per aver richiamato lo stesso Porcellaga ad un comportamento più riservato. Nato a Modena nel 1595 e trasferitosi a Brescia subito dopo l’ordinazione, don Lurani guidò la parrocchia di Roncadelle dal 1640 al 1651, in una fase particolarmente difficile per la comunità locale, terrorizzata dalla presenza di büli e dal diffuso clima di violenza. L’arresto di Pietro Aurelio Porcellaga nel 1647 mise termine ad un cupo periodo feudale e la popolazione locale ritrovò la propria dignità ricomponendosi attorno ai comuni valori cristiani. La visita pastorale del vescovo Morosini nel 1648 sembrò sancire il cambiamento. Oltre al curato-parroco, vivevano in parrocchia anche altri sacerdoti, in qualità di cappellani (stipendiati dalla Confraternita del SS. Sacramento, dal monastero di S. Giulia o dai Savoldi) e di coadiutori. Tra questi vi era don Giorgio Dusi, il primo sacerdote roncadellese di cui si abbia notizia.
A don Lurani seguirono don Domenico Guglielmotto (1652), don G. Battista Sisti (1653-54), don Tommaso Rodolfi (1655), don Andrea Della Bianca (1656-58), che nel 1657 accolse la sesta visita pastorale, e don G. Battista Bertoli (1658-59). I loro parrocchiati furono troppo brevi per lasciare traccia. Una traccia profonda lasciò invece don Faustino Agosti, che guidò la comunità parrocchiale dal 1660 al 1696. Egli venne nominato alla guida della parrocchia, a soli 28 anni, su proposta del giovane Martinengo Colleoni (v.) e della moglie Chiara Camilla Porcellaga, che intendevano rinnovare ogni aspetto della vita locale. Don Faustino condusse una vita esemplare, ispirata al dettato evangelico; scelse di vivere in comunità con i propri collaboratori diretti e avviò numerose iniziative, tra le quali risulta particolarmente interessante l’istituzione di una scuola per fanciulli; diede grande impulso alla “dottrina” per gli adulti, alla quale partecipavano anche fedeli di altre parrocchie; fece ampliare notevolmente e abbellire la chiesa parrocchiale (v.), portando da tre a cinque il numero degli altari, un’opera che rese visibile il rinnovamento morale e civile di Roncadelle. Tra la chiesa e il castello i Martinengo realizzarono una larga via prospettica (attuale via Roma) destinata a diventare il cuore di Roncadelle. La parrocchia accolse, in quel periodo, tre visite pastorali (v.): nel 1665, nel 1684 e nel 1693. Nel suo testamento, don Faustino destinò 500 scudi alla parrocchia con l’intento di sollevare la popolazione locale dall’obbligo di contribuire al suo sostentamento. Egli volle essere sepolto nella chiesa di S. Bernardino (come altri parroci morti a Roncadelle) e la sua figura venne ricordata a lungo, anche grazie ad un ritratto ad olio (scomparso dalla sacrestia negli anni ‘60) con una lunga e interessante dedica in latino, in cui veniva sottolineata “l’integrità morale, la carità cristiana e la sollecitudine pastorale” che lo animarono.
Successori di don Agosti furono i suoi più stretti collaboratori: don Lorenzo Pasini, che era anche organista e che morì pochi mesi dopo (21 aprile 1697); e don G. Battista Borboni di Ome, che gestì la parrocchia fino al 1706, accogliendovi la visita pastorale del 1702 e facendo costruire il bell’altare maggiore in marmo a completamento della storica trasformazione della chiesa parrocchiale. In quegli anni, la popolazione dovette assistere inerme alle scorrerie di eserciti stranieri, con conseguenti requisizioni e uccisioni. Nel 1705 venne aperta nella Contrada di Sotto, ad opera di don Guglielmo Dusi, la chiesetta di S. Antonio, che un secolo dopo venne trasformata in abitazione.
Dopo il lungo parrocchiato di don Pietro Facchi (dal 1706 al 1733), durante il quale venne effettuata l’undicesima visita pastorale (1711) da parte del vescovo Badoer, la parrocchia rimase senza guida per dieci anni a causa di una vertenza sul giuspatronato, rivendicato dagli eredi di tre famiglie nobiliari. Definita la questione del giuspatronato, nel 1743 i Martinengo Colleoni scelsero come parroco, tra una rosa di nomi, don Domenico Gallizioli, di famiglia roncadellese. E, alla sua morte, nel 1758, gli successe don Carlo Uberti di Capriano. Quando questi fu nominato parroco a Comezzano nel 1785 (dove rimase fino al 1796), venne sostituito da don Faustino Bonomi di Avenone, che nel 1792 accolse la visita pastorale del vescovo Nani. Le “anime” della parrocchia erano intanto aumentate a 840 ed erano sorte altre due Congregazioni: quella della Dottrina Cristiana e quella dei Cinturati. Inoltre, nella parrocchiale era stato eretto un nuovo altare, dedicato a S. Gaetano da Thiene. Don Bonomi morì nel 1795, a soli 48 anni.
Fu quindi la volta di don Giacomo Fisogni di Brandico, proveniente dalla parrocchia di Boldeniga, che dovette gestire la comunità locale in un periodo tumultuoso, con cambiamenti epocali, portati prima dal vento rivoluzionario francese e poi dalla restaurazione austriaca. L’antica vicinia (v.) venne sostituita dalla municipalità e Roncadelle divenne Comune autonomo (v.). I beni del monastero di S. Giulia vennero espropriati, mentre quelli delle Confraternite (v.) e della chiesa parrocchiale vennero posti sotto il controllo del Ministero per il Culto (ossia del Prefetto) e affidati alla cura dei fabbricieri. La disposizione di seppellire i morti fuori dal centro abitato venne attuata a Roncadelle nel 1813 con la realizzazione dell’attuale cimitero (v.). Fu avviata l’istruzione pubblica (v.) obbligatoria dei fanciulli e l’assistenza (v.) alle persone bisognose venne sottratta alle associazioni caritative per essere affidata ad un ente pubblico. Nel 1816 la parrocchia accolse la visita pastorale del vescovo Nava. Il dominio austriaco diede al parroco un ruolo centrale nella gestione della scuola pubblica. Tra le vicende minori, c’è da segnalare l’inaugurazione della chiesetta di Antezzate (v.) nella quale venne posta come pala d’altare una preziosa “Annunciazione” eseguita dal Bagnadore nel 1590 (ora tornata nel palazzo Loggia di Brescia).
Don Fisogni rimase a Roncadelle per ben 31 anni, fino al 1826. Ma la palma del parrocchiato più lungo spetta senza dubbio al suo successore, don Giacinto Bonaventura Mensi, nativo di Memmo, che guidò la comunità locale per 50 anni. Durante la sua lunga e tranquilla gestione, la parrocchia superò il traguardo dei 1000 abitanti. Alla sua morte, nel 1876, egli venne sepolto nella cappella del cimitero. Accanto a lui riposa anche don Francesco Bani, nato a Roncadelle nel 1809 e morto nel 1893, che fu a lungo coadiutore in parrocchia e insegnante nelle locali Scuole elementari (v.) per molti anni.
Come successore di don Mensi, nel 1876 venne chiamato don Giuseppe Ghirardi di Salò, che nel 1882 fu nominato parroco a Fiesse e sostituito da don Giulio Tadini nato a Verolanuova nel 1839 (fratello maggiore di don Arcangelo Tadini, canonizzato nel 2009). Egli accolse il vescovo Corna Pellegrini in visita pastorale nel 1886 e favorì lo sviluppo di nuove associazioni in parrocchia, come il Terz’Ordine francescano, la Confraternita del Sacro Cuore (cui dedicò un altare nella parrocchiale), i Cinturati e, nel 1889, la “Società operaia di mutuo soccorso". Le nuove devozioni fecero cambiare intitolazione ad alcuni altari della chiesa parrocchiale. In quel periodo la linea tranviaria Brescia-Soncino, che dal 1881 aveva collegato più direttamente Roncadelle alla città, favorì nuovi insediamenti, soprattutto operai, in contemporanea al travaso di lavoratori dai campi alle fabbriche che cominciavano a sorgere alla periferia di Brescia. Le crescenti tensioni sociali e ideologiche, che si fecero sentire in quel periodo, crearono una frattura nella popolazione, soprattutto tra la Contrada di Sopra e quella di Sotto, più aperta alle nuove idee e all’immigrazione di nuovi lavoratori. Almeno 40 adulti non partecipavano alla vita parrocchiale. Don Tadini rimase a Roncadelle fino alla fine del secolo, quando venne promosso arciprete ad Oriano. Morì nel 1909.
Don G. Battista Moricchia nato a Chiari nel 1856 e ordinato sacerdote nel 1879, divenne parroco a Roncadelle a fine novembre 1899, dopo essere stato curato a Urago, Muscoline, Goglione Sopra (Prevalle) e parroco a Serle dal 1894 al 1915. A Roncadelle organizzò un attivo movimento cattolico giovanile, una filodrammatica maschile, un “concerto musicale” (una sorta di corpo bandistico) e numerose altre iniziative, rivolte soprattutto ai giovani. Nel 1903, quando venne avviato l’Asilo infantile (v.) nei locali del nuovo Municipio (v.), vennero chiamate a Roncadelle le suore che, oltre ad educare i bambini, si dedicarono alla formazione morale e religiosa delle ragazze della parrocchia. Durante la “grande guerra”, che costò al paese 36 vittime e numerosi feriti, il parroco tenne anche i contatti con vari giovani al fronte e cercò di arginare i disagi e le difficoltà delle loro famiglie. Dopo la rinuncia alla parrocchia nel 1920, si ritirò a Gavardo come cappellano nel monastero delle Orsoline. Morì nel 1938 a Goglione Sopra e volle essere sepolto a Roncadelle.
Don G. Battista Riviera, nato a Leno nel 1874 e ordinato sacerdote nel 1898, divenne parroco a Roncadelle nel 1920, dopo essere stato curato di Fiesse. Persona integerrima e riservata, don Riviera aveva un animo sensibilissimo; coltivava un grande interesse per la letteratura e la storia (pubblicò anche poesie di carattere religioso), ma si sentiva poco accettato e poco adatto alla guida pastorale. In effetti, la sua profondità interiore non corrispondeva alla sua scarsa capacità comunicativa e alla sgradevolezza del suo aspetto esteriore e della sua voce flebile. In particolare, soffrì per alcune calunniose accuse in un periodo politicamente agitato e chiese ripetutamente al vescovo Gaggia di essere sollevato dall’incarico. Fu accontentato nell’ottobre 1926 e divenne cappellano dell’ospedale di Verolanuova e poi delle Canossiane di Rovato, ospite del cugino mons. Zenucchini. Morì il 28 ottobre 1948 e venne sepolto a Leno. A Roncadelle egli aveva acquistato, a sud della chiesa, la casa per il curato e l’area per un Oratorio giovanile (v.), dove il suo successore, don Contessa, costruì un salone teatro (poi sede Acli) e cinque aule di catechismo.
Don Giacomo Contessa nato a Marcheno nel 1895 e ordinato sacerdote nel 1918, divenne parroco a Roncadelle nel febbraio 1927, dopo essere stato curato a S. Vigilio di Concesio, dove si distinse per la sua attività culturale e la sua ostilità al regime fascista. A Roncadelle favorì la diffusione di nuove associazioni religiose: la Compagnia di S. Luigi, le Figlie di Maria, l’Unione Madri Cristiane, la Confraternita del S. Triduo (che utilizzava la macchina del Triduo della parrocchia) e, naturalmente, l’Azione Cattolica, che nel 1936 contava 350 iscritti. Egli provvide anche ad allungare la chiesa parrocchiale (v.), a costruire la canonica e a pubblicare un bollettino (“Famiglia parrocchiale”) in 300 copie. L’altare dell’antica Disciplina o del SS. Sacramento fu trasformato in Cappella dei Santi o delle Reliquie. Nel 1933 don Contessa venne insignito della Croce di Cavaliere della Corona e, nel 1944, nominato prevosto a S. Maria in Calchera a Brescia.
Il suo successore, don Carlo Vezzoli, nato a S. Pancrazio di Adro nel 1901 e ordinato sacerdote nel 1927, fu sacerdote zelante nella cura delle anime e nell’aiuto concreto alle famiglie disagiate. Acquistò l’edificio dell’ex Cavallerizza presso il castello ed i terreni adiacenti per realizzarvi un nuovo, grande Oratorio maschile (v.) dedicato a S. Luigi Gonzaga, con un Cinema-teatro più spazioso, una nuova abitazione per il curato, una sala di ritrovo giovanile, la sala Tv, quattro aule di catechismo e un grande campo sportivo. Egli fondò il Corpo bandistico (v.); diede periodicità al “Bollettino parrocchiale”; fece restaurare parte del prezioso patrimonio artistico della parrocchia; sostituì i vecchi banchi della navata e fece installare il primo impianto di riscaldamento in chiesa. Tenuto conto dello sviluppo demografico della parrocchia, che raggiungeva ormai i 4.000 abitanti, e soprattutto della scarsa partecipazione alla vita parrocchiale della zona sud (Contrada di Sotto e porzione Castelmella), acquistò un terreno di circa 13.500 mq per edificarvi una nuova chiesa, ma il progetto non venne mai attuato. Don Vezzoli morì il 22 luglio 1967. Tra i lasciti dei suoi parrocchiani, particolarmente importante fu quello della signora Maria Berardi Manzoni, destinato ad una Casa di Riposo (v.). Durante il suo parrocchiato, la comunità locale manifestò profonde divisioni (di carattere politico-ideologico, più che socio-economico) e, all’interno della parrocchia, cominciarono ad entrare in crisi le vecchie realtà associative.
Nel settembre 1967 gli subentrò don Amilcare Gatelli (1923-2015) di Mompiano, che orientò il suo impegno soprattutto verso la formazione dei giovani con iniziative di carattere culturale e ricreativo; realizzò il grande complesso delle Opere giovanili (v.) con bar, palazzetto sportivo, aule e scuola materna; fondò il Gruppo Scout (v.); sostenne la nascita della Caritas locale, del Gruppo Missionario (v.) e di gruppi sportivi; avviò la Casa di Riposo (v.) “Berardi-Manzoni”; trasformò la Scuola materna (v.) “Pietro Cismondi” in ente morale; restaurò parte del patrimonio artistico della parrocchia; ristrutturò l’Oratorio (v.); diede impulso al bollettino “Comunità di Roncadelle” come strumento di comunicazione e di animazione della parrocchia. Egli aiutò anche la scelta vocazionale del giovane collaboratore G. Franco Rolfi, che venne ordinato sacerdote nel 1985, mentre si preparavano al sacerdozio altri tre giovani roncadellesi: Michele Lamberti, Massimo Taglietti e Cristian Comini. In una società sempre più secolarizzata, il grande impegno profuso da lui e dai suoi collaboratori non bastò a fermare la progressiva diminuzione dei fedeli.
Raggiunta l’età della “pensione”, nel 1998 don Amilcare fu sostituito da don Eugenio Panelli di Ponte Caffaro (Bagolino), che ha dato un’impronta manageriale all’organizzazione della parrocchia, attuandovi varie e costose innovazioni e ristrutturazioni, e avviando nel 1999 un nuovo bollettino chiamato “Il punto”. Quando venne trasferito ad Inzino nel 2006, fu sostituito da don Aldo Delaidelli.