MELLA
Fiume a carattere torrentizio, che nasce dal Dosso Alto (q. 2064 m s.l.m.) fra il passo del Maniva e il monte Colombine, percorre la Val Trompia, passa ad ovest di Brescia delimitando il confine orientale del territorio di Roncadelle e, dopo un percorso di 96 km, confluisce nel fiume Oglio tra gli abitati di Seniga e Ostiano. Il suo bacino idrografico è di circa 1.038 kmq.
Anche un corso d’acqua ha una storia, a cominciare dalla sua formazione alle modificazioni naturali e umane, dal suo intrecciarsi con le vicende storiche ed economiche delle comunità più vicine fino ai suoi utilizzi più recenti. Il Mella ha sempre costituito per Roncadelle un riferimento importante, sia spaziale che funzionale. Uno dei tre simboli posti dal Comune di Roncadelle sul proprio stemma è il ponte sul Mella, che fa parte a giusto titolo dell’identità e della storia locale.
Il Mella con i suoi affluenti è all’origine del territorio di Roncadelle, situato nella zona pedemontana della Pianura Padana, il cui terreno è composto soprattutto di materiali alluvionali.
Il fiume è citato nell'antichità da Catullo (flavus quam molli percurrit flumine Mella, Brixia), da Virgilio (Curva prope flumine Mellae) e da Servio, secondo cui il fiume avrebbe derivato il proprio nome dall’erba amellus, che cresceva abbondante intorno alle sue rive; ma l’ipotesi più credibile sull’origine del nome è che derivi dalla voce celtica mel, che veniva utilizzata per i corsi d’acqua a carattere torrentizio (in Val Trompia ce ne sono diversi con questo nome). Sembra che anche il Garza fosse anticamente chiamato Melo, tanto da entrare nella toponomastica di Bagnolo. Nel dialetto bresciano il Mella è sempre stato chiamato al femminile.
Come tutti i corsi d’acqua di pianura con decorso naturale, anche il Mella nella sua lunga storia ha variato spesso il suo corso e l’aspetto delle rive scavando nuove anse e lasciando a impaludarsi quelle vecchie e, in occasione di qualche grossa piena, può aver formato un nuovo letto.
Il Mella ha sempre fornito alla città di Brescia e ai villaggi, che andavano man mano sorgendo lungo il suo corso, gran parte della forza idraulica utilizzata e dell’acqua di irrigazione necessaria. Il fiume ha infatti alimentato, sin dai tempi antichi, rogge e vasi per irrigare i campi e per azionare torchi, mulini, magli, segherie, ecc. In pianura il fiume era in gran parte navigabile e veniva utilizzato perciò anche per i trasporti. Ma il Mella costituì a lungo un problema per l’assetto viario, che i Romani risolsero con la costruzione di tre ponti: quello delle Crotte sulla strada per Iseo e Bergamo; quello di S. Giacomo sulla via per Rovato e Milano; e (forse) quello di Roncadelle, rivolto alla pianura sud-occidentale e a Laus Pompeia (Lodi Vecchia), ma di questo non sappiamo come fosse, né dove. Probabilmente era più a sud dell’attuale ponte, in quanto si cercava di evitare le zone meno praticabili, acquitrinose, soggette a frequenti esondazioni, com’era allora il territorio di Roncadelle.
Il ritrovamento di resti di un antico ponte a Roncadelle nel giugno 1986 può far pensare che l'alveo del Mella fosse in epoche antiche spostato 500 m. più ad ovest, ma l'ipotesi non sembra suffragata da alcuna prova; anzi, recenti studi geologici parlano di un possibile paleoalveo del Mella più spostato ad est. Dai documenti medievali si deduce che il letto del fiume fosse comunque più ampio e informe rispetto all’attuale, con meandri e relitti sabbiosi inseriti; per cui è possibile che il ponte ritrovato (largo solo 9 metri) sia stato realizzato su un ramo o su un affluente del Mella.
Il Mella divagava spesso nella pianura suburbana e, per questo, non ci si azzardava a costruire strade troppo adiacenti al fiume, vista la già incertissima praticabilità delle antiche vie, spesso intransitabili per buona parte dell’anno. All’altezza di Roncadelle vi era comunque un guado, molto frequentato nei periodi di magra del fiume, nei cui pressi il monastero di S. Giulia gestiva nel Medioevo un hospitium (v.). I greti dei torrenti (compresi il Gandovere e il Mandolossa) fungevano anche da tracciati stradali, quando le secche lasciavano alvei o golene praticabili.
Nell’Alto Medioevo il fiume era circondato da una fascia boschiva e acquitrinosa, che favoriva la caccia (v.) e gli allevamenti (v.). Il nome del fiume compare come “fluvio Mella” sul documento del 4 ottobre 760, col quale il re longobardo Desiderio, con il figlio Adelchi e la moglie Ansa confermarono e ampliarono le proprietà ed i privilegi del monastero di S. Salvatore riferendosi in particolare ad una proprietà di 100 iugeri in “loco qui dicitur Runca, quod est Runco Novo”.
Dal sec. XI l’acqua del Mella venne sempre più sfruttata a scopo irriguo. Un diploma dell’imperatore Corrado II del 15 luglio 1037 stabilì il dominio di Brescia su entrambe le rive dell’Oglio e del Mella, dalle sorgenti al Po, e deliberò che qualsiasi attività economico-commerciale lungo il Mella fosse sottoposta all'autorità del vescovo-conte di Brescia, al quale competeva costruirvi porti ed altri edifici, nonché esercitarvi il trasporto di grano, sale, vino con barche. Tale disposizione venne confermata dagli imperatori Enrico V (1123), Federico Barbarossa (1184), Enrico VI (1192) ed Enrico VII (1311).
Nel 1224 il Comune di Brescia incaricò la comunità di Torbole di costruire un ponte sul Mella all’altezza di Roncadelle in cambio di esenzioni fiscali. Si trattava probabilmente di una ricostruzione, essendosi verificato nel Natale del 1222 (o, secondo alcuni, nel 1223) un violento terremoto con conseguente inondazione del Mella, che provocò ingenti danni.
L’opera venne probabilmente rimandata, poiché nel 1248 il Comune di Brescia riaffidò alla comunità di Torbole il compito di costruire il ponte sul Mella sulla strada per Orzinuovi. Il Comune di Torbole si impegnò allora a realizzare il ponte entro due anni, assumendosi anche il compito di mantenerlo agibile, in cambio di un’esenzione dai dazi e dai tributi annuali agli abitanti di Torbole per venti anni a venire e venti anni precedenti. Il ponte però doveva essere “buono” come quello di S. Giacomo al Mella, più a nord. E l’opera venne finalmente edificata, in quanto se ne parla in successivi documenti del Comune di Brescia.
Dal 1237 il Comune di Brescia aveva rivendicato la proprietà delle acque e tutti i diritti lungo le sponde del Mella da Sarezzo a Castelnuovo. Divieti e disposizioni della città sulle acque del fiume si leggono nel Liber Potheris di Brescia dal XIII al XIV sec. Gli isolotti nel fiume, che dovevano avere una consistenza rilevante, erano chiamati vithexeti, forse perché coltivati a vigneto, e venivano difesi dalle ricorrenti usurpazioni (cfr. Liber Potheris 1225, 1226, 1233, 1237, 1286). Una delibera del Comune di Brescia del 1438 vietava a chiunque di tenere porto (ossia un punto di attracco o di traghettamento) sul Mella senza licenza. Dal 1467 si concedeva di usare l’acqua dei canali derivati dal Mella per l’irrigazione dei campi a nord della città solamente in via precaria e nei giorni festivi (che però a quei tempi erano molti) per non lasciare la città con penuria di acqua.
Il Mella sembra aver interessato Leonardo da Vinci, che ne ha studiato e disegnato il percorso, forse per trarre ispirazione dalla natura selvaggia del fiume per qualche suo paesaggio o, più probabilmente, per studiare un utilizzo pratico dell’energia sprigionata dall’acqua in movimento. Anche Agostino Gallo nelle sue “Venti giornate dell’agricoltura” rilevò l’importanza del fiume, che serviva “a tante fucine e forni della Valtrompia, ed a molte ville nell’adacquare i campi e nel far girare i mulini”. Il Mella, come gli altri fiumi bresciani, è stato celebrato in alcune opere pittoriche come fonte di ricchezza. È raffigurato, insieme al Garza, anche sulla fontana alla base della Pallata (1596) come simbolo di benessere della città.
I Porcellaga (v.), dopo aver utilizzato i saletti del Mella per i loro allevamenti di suini e acquistato diversi terreni a Roncadelle, ottennero dalle autorità bresciane l’investitura dei dazi di Roncadelle e dei saletti e, nel 1386, il territorio da loro gestito venne inserito nelle Chiusure (v.) di Brescia per la quadra di S. Giovanni. Fu allora che Pecino Porcellaga ideò la realizzazione di una seriola (v.) che, conducendo l’acqua del Mella da Cobiato a Roncadelle, potesse irrigare la maggior parte dei suoi possedimenti fondiari; nel 1391 ottenne la necessaria concessione dal Giudice della Ragione di Brescia e, negli anni successivi, i suoi eredi attuarono l’opera affrontando qualche resistenza da quanti avevano interessi contrari. Nei pressi del fiume, i Porcellaga crearono anche una segheria.
Nel corso della storia, il Mella ha prodotto frequenti alluvioni (v.), fino a tempi recenti; ha causato diversi annegamenti di persone e animali; in occasione di alcune grandi epidemie (v.), diversi cadaveri venivano gettati nel Mella, come avvenne nel 1478. Ma il fiume ha anche fornito, nel passato, acqua per l'irrigazione, ghiaia e sabbia molto pulite, nonché pesce e uccelli acquatici per l’alimentazione. Il fiume ha prodotto anche le argille, che hanno costituito una risorsa fondamentale per Roncadelle nei secoli passati sia per i laterizi prodotti nelle fornaci (v.) che per i manufatti artistici degli artigiani locali (v.).
Anche se scarsamente documentata, ebbe una certa importanza a Roncadelle l’attività dei sabiunì, arenaioli che prelevavano sabbia e ghiaia dal letto del Mella, prima in modo saltuario, poi sempre più continuativamente man mano che si incrementava l’attività edilizia. I materiali raccolti venivano trasportati su appositi carri anche in altre località. Le autorità bresciane si preoccuparono solo che tale attività non danneggiasse gli argini e i ponti lungo il fiume.
Nel 1582 i Rettori di Brescia deliberarono di costruire sul Mella, all’altezza di Roncadelle, un nuovo ponte in pietra e muratura “da sei arcate de brazza disdotto per ciascheduna arcata”. Evidentemente si trattava di una ricostruzione, tenendo conto del grave terremoto verificatosi nella zona di Brescia il 22 agosto 1581. I lavori relativi alla sistemazione del ponte nuovo, cui Roncadelle contribuì con 2.780 lire, procedettero abbastanza speditamente; e non era certo un’opera di piccole dimensioni: sei arcate di 18 braccia ciascuna corrispondono ad una lunghezza di oltre 70 metri.
L’8 novembre 1613 i Rettori imposero una “taglia” di 4 soldi per campo a tutti coloro che avevano proprietà lungo la strada di Orzinuovi o che da tale strada ricevevano benefici diretti, per poter sistemare il ponte di Roncadelle diventato “hormai quasi intransitabile”. Nonostante la pronta e compatta opposizione dei proprietari interessati, Venezia approvò tale deliberazione con ducale del 17 aprile 1614, specificando che alla spesa dovessero concorrere tutti indistintamente “essenti et non essenti, separati et non, ecclesiastici et ogn’altro che da Voi sarà giudicato conveniente”. Con tali imposizioni vennero di fatto abolite, per gli abitanti di Roncadelle, le antiche esenzioni relative alle “reparationi della Mella” e alla manutenzione della strada regale. I proprietari locali furono costretti a versare una sorta di imposta aggiuntiva per tali opere di pubblica utilità. Ma il peso di queste scelte gravò su tutta la popolazione che, oltre a subire i danni del fiume, venne costretta dai proprietari a prestazioni d’opera gratuite, come risulta da un documento di riparto delle spese per il Mella della seconda metà del ‘600: “Vi sono poi molti brazenti habitanti in detta terra, che sono sottoposti ai danni della Mella, quali si ponno condannar a far opere dietro alla medesma gratis”.
Durante il dominio veneto, sul ponte di Roncadelle era normale esporre i cadaveri dei giustiziati, come monito per viandanti e residenti. La scelta per questa lugubre pratica era dovuta alla funzione di passaggio obbligato che il ponte rivestiva, rendendosi adatto a fungere da vetrina del monito.
Presso il ponte di Roncadelle avvennero anche episodi di qualche rilievo storico. Il 19 febbraio 1647, in un agguato teso dai Rettori di Brescia, venne ucciso Orazio “Sansone” Porcellaga e fatto prigioniero suo fratello Pietro Aurelio, che si erano rifugiati nel castello di Roncadelle per sfuggire alle maglie della giustizia. E questo fatto costituì una svolta per la storia locale.
Il 3 febbraio 1705, dopo una memorabile nevicata, tremila soldati francesi accampati a Roncadelle, dove compirono devastazioni e saccheggi, vennero attaccati da duemila soldati tedeschi e costretti alla fuga dopo uno scontro al ponte del Mella, che causò la morte di 150 francesi. Il generale François de Gelas conte di Lautrec (33 anni), accorso da Orzinuovi, rimase gravemente ferito e fu trasportato con un carro a Brescia, presso il nob. Ippolito Fenaroli, dove morì poche settimane dopo e venne sepolto nella chiesa di S. Giuseppe.
Quando Roncadelle divenne Comune autonomo pensò bene di inserire nel proprio stemma (v.) il ponte sul Mella raffigurandovi il legame (non sempre facile) della comunità locale con il fiume e con la città di Brescia.
Il poeta bresciano Cesare Arici (1782-1836) ha celebrato il Mella nei suoi due aspetti:
“di pure onde ricchissimo e d’armenti “ … romoreggiando
e di fertili campi, e di bei spirti, per le valli e rotando arbori e massi
limpidissimo Mella” (1808) ruinoso e superbo alla pianura
si caccia e il campo de le messi invade” (1847)
Nel corso del ‘900, la forte espansione di aree industriali a scarsa qualità ambientale (e architettonica), la dequalificazione di aree agricole perifluviali, l’inquinamento dell’acqua e del suolo circostante (con risvolti a volte criminosi) derivato da insediamenti industriali e residenziali, il depauperamento idrico causato dalle numerose derivazioni, la dispersione delle competenze amministrative e gestionali, hanno concorso a stravolgere i già precari equilibri dell’ecosistema fluviale alterandone la morfologia ed esercitandovi una pressione eccessiva.
Infatti, i numerosi interventi di regimazione idraulica attuati sul Mella e la forte urbanizzazione del territorio circostante, ha costretto il fiume in una camicia di forza e fatto scomparire quasi del tutto l’originale copertura boschiva ripariale. Inoltre, si è molto ridotta la fauna legata al fiume, sia per l’inquinamento che a causa di briglie trasversali, ostacoli invalicabili per molta fauna ittica. Si è così prodotto un progressivo degrado del ruolo paesistico-ambientale del fiume, cui ha corrisposto un appannamento dello storico legame tra il Mella e la comunità locale.
“Ma chi ha vissuto la sua adolescenza a diretto contatto con la Mella” ricordava il prof. Giovanni Guzzoni (1942-2020) di Castelmella “ha nuotato nel gòi del rispurchì, ha infilzato con la forchetta le bòse e i sanguanì sotto i ciottoli del greto limpido, ha raccolto l’erba, la legna e i funghi lungo gli argini boscosi, ha cavato la ghiaia e la sabbia nelle lanche abbandonate dalla corrente” ha potuto ancora godere del fiume come una fonte di vita e un’occasione di gioco e di svago.
Dopo aver sfruttato il più possibile le potenzialità del fiume, ci si è accorti che ha costituito una importante ricchezza naturale e paesistica e si cerca ora di porre qualche rimedio con interventi mirati. Recentemente si è cercato di ripristinare il valore naturalistico del Mella con l’intento di riconsegnare alla cittadinanza ampi spazi di fruibilità della zona fluviale. Oltre al Parco del Mella, istituito col concorso di alcuni Comuni per ricreare una estesa rete di verde, si stanno realizzando piste ciclabili che costeggiano l’alveo del fiume (Greenway, finanziata dal PNRR) utilizzabili sia per il tempo libero che per la mobilità quotidiana riducendo l’impatto ambientale. Ed il 12 giugno 2025 è stato inaugurato un ponte ciclopedonale sul Mella (una passerella in acciaio e legno, lunga 45 metri e larga 2,80), che unisce Roncadelle a Brescia. È inoltre prevista una riqualificazione ambientale con la messa a dimora di essenze autoctone.
Le nuove sensibilità ambientali e le nuove politiche per la salvaguardia del territorio, lasciano sperare che il vecchio fiume possa riacquistare vitalità, dopo le numerose ferite che gli abbiamo inferto nei secoli scorsi togliendogli spazio e respiro, perché di quel respiro abbiamo ancora bisogno.