MARTINENGO COLLEONI

Lunedì, 26 Maggio, 2025 - 15:45
Ufficio: 
Cultura e Sport
Data pubblicazione: 
Lunedì, 26 Maggio, 2025
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Ai Porcellaga, che avevano gestito il territorio locale per tre secoli (dalla metà del ‘300 alla metà del ‘600), subentrarono i Martinengo Colleoni, che gestirono Roncadelle per quasi un secolo attraverso due personaggi molto benvoluti: Gaspare Giacinto e suo figlio Pietro Emanuele.

 

Il ramo dei Martinengo Colleoni, uno dei dodici in cui si suole suddividere la folta chioma dell’albero genealogico dei Martinengo, ebbe origine nel 1472, quando il famoso condottiero Bartolomeo Colleoni (1395-1475), non avendo avuto figli maschi dalla moglie Tisbe Martinengo (figlia del comandante dell’esercito veneto Gaspare), che aveva sposato nel 1439, decise di adottare come figli i nipoti Alessandro, Gian Estore e Giulio Cesare, nati dal matrimonio della prediletta figlia Orsina con Gherardo Martinengo, trasmettendo loro il proprio cognome, lo stemma e i privilegi di cui godeva. Nel testamento del 27 ottobre 1475 il Colleoni lasciò a loro gran parte delle sue proprietà con l’obbligo di trasmetterli ai soli figli maschi.

Proseguì la dinastia Gian Estore, che ereditò terre e castelli in terra bergamasca. Suo figlio Gherardo dal 1533, grazie ad una concessione del doge Andrea Gritti che eresse le terre di Malpaga e Cavernago in contea feudale, poté fregiarsi del titolo di conte e trasmetterlo ai propri discendenti.

Nello stemma di famiglia vennero inquartati, insieme alla tradizionale aquila rossa ad ali spiegate dei Martinengo, i simboli dell’arma Colleoni: tre testicoli in campo rosso e argento, i gigli oro in campo azzurro (per concessione di Renato d’Angiò), l’impresa delle teste di leone che addentano una banda rossa bordata d’argento (per concessione della regina Giovanna II di Napoli).

Da Bartolomeo (1505-1558), figlio di Gherardo, e dalla nobile Paola Ponte di Bergamo, nacque Francesco (1548-1621), il personaggio più celebre e celebrato della dinastia: oltre ad aver combattuto per Venezia ed essere stato nominato cavaliere dell’ordine di S. Michele dal re di Francia, egli fece una brillante carriera al servizio dei duchi di Savoia, ricoprendo le più alte cariche militari e civili nel ducato ed avviando il lungo sodalizio tra i Martinengo Colleoni e casa Savoia. Nel 1576 fu insignito del Collare dell’Annunziata. Nel 1583 sposò Beatrice Langosco di Stroppiana che, dopo essere stata sposa morganatica del duca Emanuele Filiberto di Savoia, aveva acquisito il vasto feudo di Pianezza presso Torino e venne insignita del titolo di marchesa, insieme al figlio Gaspare Antonio Martinengo (1584-1625). Il titolo venne poi trasmesso ai discendenti, che aggiunsero al centro dello stemma di famiglia il simbolo dei Langosco: uno scudetto d’argento con tre tronconi nodosi posti in banda.

Il temperamento irruento e prevaricatore dei Martinengo, in un periodo turbolento come il ‘600, fu alla base dei numerosi crimini di cui furono accusati i membri della famiglia. Francesco, accusato di un duplice omicidio, dovette risarcire i parenti delle vittime e acquistare una “voce” per ottenere la liberazione; inoltre dovette rifugiarsi per qualche tempo in Austria perché sospettato di un delitto commesso in casa Avogadro. I suoi figli furono banditi dalla Repubblica veneta per altri crimini: Gaspare Antonio morì a Torino nel 1625, qualche mese dopo la perdita del suo unico figlio Francesco; Gherardo (1601-1643), dopo aver sposato Licinia Leni, morì combattendo per la difesa di Mantova. Tutti i beni e i titoli nobiliari passarono quindi per diritto ereditario al primogenito di Gherardo, Francesco Amedeo (1628-1665), che nel 1650 fu incolpato di atti di prepotenza e di violazione delle norme sui dazi e, nel 1662, venne bandito dalla Repubblica e privato dei beni a causa di un omicidio.

Molto diverso si manifestò suo fratello minore Gaspare Giacinto (1641-1701), nato a Ferrara da Flavia Bonelli d’Altamura, terza moglie di Gherardo Martinengo. Dopo aver ricevuto l’educazione scolastica a Parma e a Bologna, Gaspare divenne gentiluomo di corte dei Savoia e sposò Chiara Camilla Porcellaga (v.), con la cui famiglia i Martinengo Colleoni mantenevano da tempo legami di amicizia. Il matrimonio venne celebrato il 28 giugno 1659 nella chiesa di S. Bernardino a Roncadelle.

Rimasti entrambi privi del padre in tenera età, cresciuti tra vicende familiari molto dolorose e animati da un forte sentimento religioso, Gaspare e Chiara trovarono subito una grande intesa e, sebbene il loro matrimonio fosse stato combinato dai parenti, nulla lascia pensare ad una unione infelice.

Essi proposero nel 1660, come curato di Roncadelle, don Faustino Agosti, che seppe attuare un profondo rinnovamento morale e culturale nella comunità locale (v. parroci).

Dopo aver ereditato i beni di Francesco Amedeo, morto a Torino senza figli maschi, il giovane Gaspare non si limitò ad amministrare con oculatezza le proprietà derivate dall’unificazione dei beni dei Martinengo Colleoni e dei Porcellaga. Forse per compiacere la moglie, molto legata ai luoghi della propria infanzia, e certo anche per questioni di prestigio, il Martinengo s’impegnò a trasformare le antiche residenze dei Porcellaga in sontuosi palazzi. In contrada dei Dolzani (ora corso Matteotti) a Brescia, innalzò “la più monumentale fra le abitazioni dei Martinengo” (F. Lechi), mentre a Roncadelle ampliò notevolmente la chiesa parrocchiale (v.) e trasformò il vecchio castello (v.) in un imponente palazzo residenziale avvalendosi dell’assistenza tecnica dell’arch. G. Battista Croppi e di G. Battista Avanzi. Egli attuò anche un primo riassetto urbanistico locale creando il viale prospettico tra il castello e la chiesa, destinato a diventare il cuore del paese. A queste ristrutturazioni si aggiunse anche quella della cascina di Antezzate (v.).

Intanto Chiara Camilla era alle prese con numerose e non sempre fortunate maternità. Dai documenti rimasti si deduce infatti che la Porcellaga mise al mondo almeno tredici figli. Delle sette femmine, quattro scelsero il monastero: Licinia entrò in S. Gerolamo col nome di suor Chiara Giacinta nel 1678, Clevia nel 1680, Paola nel 1681 e Margherita intorno al 1692. Le altre tre si sposarono: Cecilia con Venceslao Martinengo dalle Palle nel 1681; Marzia col conte Scipione Provaglio nel 1683 (e morì pochi anni dopo, nel 1691); Beatrice col conte Alessandro Poiana di Vicenza nell’aprile 1698.

Dei figli maschi, almeno tre (Estore, Francesco Amedeo, Roberto) morirono in tenera età; Gherardo morì a Torino nel 1691 a 24 anni, mentre Francesco Amedeo, “ozioso e prepotente”, dopo aver sposato nel 1688 Francesca Martinengo Cesaresco di Erbusco, venne bandito in perpetuo dalla Repubblica veneta con l’accusa di omicidio e si rifugiò a Torino, dove morì nel 1695.

L’unico maschio su cui poté contare la famiglia rimase dunque Pietro Emanuele (1671-1746).

Completati gli studi a Pavia, egli divenne gentiluomo di corte a Torino ed ebbe incarichi di rilievo sia dai Savoia che dalle autorità venete. Nel 1695 sposò la contessa Maria Lodovica Gambara e, nello stesso anno, ereditò dal fratello Francesco Amedeo il marchesato di Pianezza. Pietro Emanuele godette di grande stima e fu molto popolare e benefico, tanto da essere chiamato “il buon marchese”.

Chiara Camilla morì l’8 ottobre 1698 e venne sepolta, secondo le sue disposizioni, in un sepolcro anonimo sotto il pavimento della chiesa di Roncadelle, dove è rimasta per tre secoli.

Nel 1701 morì anche Gaspare Giacinto. Pietro Emanuele ultimò i lavori avviati, ma del castello di Roncadelle si limitò a completare ed abbellire solo l’ala orientale. Su tale decisione pesò forse il fatto di non avere eredi maschi, ma pesò soprattutto la causa giudiziaria avviata dai Porcellaga di un altro ramo dinastico, che reclamavano diritti ereditari sui beni di Roncadelle. Grazie a documenti del ‘500 che attestavano il diritto acquisito dalle donne Porcellaga di essere soggetti attivi e passivi di trasmissione ereditaria, la vertenza si concluse positivamente per il Martinengo. Nel 1746 Pietro Emanuele lasciò le proprietà di Roncadelle alla figlia secondogenita, Maria Licinia, che nel 1731 era andata sposa al marchese Guido Bentivoglio di Ferrara.

Tramontò così la dinastia dei Martinengo Colleoni di Pianezza, che tra il ‘600 e il ‘700 trasformò il volto di Roncadelle e contribuì a rendere la comunità locale più fiduciosa in se stessa e nel proprio futuro.