FORNACI

La presenza di depositi di argilla e di abbondante acqua e legname sul territorio locale (v.) indusse i Porcellaga (v.) e alcuni artigiani (v.) a sfruttarne l’utilizzo, tramite apposite fornaci, per produrre laterizi e maioliche, che costituirono la più redditizia attività artigianale nei secc. XVI e XVII.
Di una fornace appartenente ai Porcellaga già si accennava nelle divisioni delle proprietà del 1435. Citata dopo i boschi e le “lame” di Onzato e Castenuovo, la fornax con i relativi appezzamenti di terreno era situata in “Contrada della Fornace” presso Onzato.
Nel ‘500 esistevano a Roncadelle almeno due fornaci nei pressi della roggia Mandolossa, dove si erano formate sedimentazioni di argilla. Appartenevano entrambe ai Porcellaga. La principale era situata a sud-ovest del castello (v.), nei pressi di due terreni chiamati “Fornasotto” e “Fornasetta”.
Costantemente citata nelle polizze d’estimo dei proprietari del castello, la fornace maggiore era munita di abitazione per il fornasaro e, nel 1517, venne valutata ultra al fondo 300 lire plt. Gian Francesco Porcellaga dichiarò che vi si facevano tre “cotte” all’anno e che produceva un reddito annuo di 50 lire. Nel 1534 suo figlio Galeazzo dichiarò che rendeva annualmente 90 lire, ma che non sarebbe durata più di tre anni “per essere compìto il bono terreno” e nel proprio testamento dispose anche dei lasciti in laterizi alla chiesa di S. Bernardino in Roncadelle, a quella di S. Maria di Onzato e a quella di S. Maria in Conche “per amor di Dio et per il bene dell’anima sua”.
L’altra fornace, appartenente ai discendenti di Astolfo Porcellaga (ossia ad un altro ramo della dinastia), era situata in un terreno più a nord, in “Contrada della Longura”. Nel 1548 i suoi proprietari, Gian Battista e Gian Paolo Porcellaga, dichiararono di averla data in affitto a 12 lire per cottura, ma che non sarebbe durata più di tre o quattro anni “per non averghe tereno, facendo cotti trei all’anno”.
Nonostante i proprietari ne minimizzassero costantemente la resa e l’importanza ai fini fiscali, le fornaci fornivano un discreto reddito ai proprietari e alimentavano una delle attività artigianali più consistenti e redditizie a Roncadelle. I laterizi prodotti vennero utilizzati nell’edilizia locale per le costruzioni di un certo rilievo, compreso il rifacimento dell’ala occidentale del castello, e a volte veniva usata l’argilla cruda per le “caselle” dei dipendenti. Per le altre abitazioni si usavano molti ciottoli e la sabbia del Mella o dei campi limitrofi ai corsi d’acqua.
Per ottenere i laterizi si tagliava l’argilla in pani di eguale misura, che poi venivano riscaldati col fuoco della fornace. In alcuni casi venivano lasciati essiccare al sole, come si faceva nell’antichità. Mattoni e coppi venivano anche “esportati” nelle località vicine e potevano essere usati come mezzo di pagamento. Nel 1541, ad esempio, Sansone Porcellaga saldò una differenza di costo dell’acqua della Seriola Nuova a Gerolamo Bertoli di Travagliato dandogli “tanta robba di fornace” per l’importo di 45 lire.
Ma, oltre alle fornaci per laterizi, costruite volutamente ad una certa distanza dai nuclei abitati per motivi di sicurezza, vi erano sulla “strada regale degli Orzi” (ossia nella Contrada do Sotto) altre piccole fornaci per la produzione di terraglie, stoviglie e vasi in ceramica o in maiolica, la cui lavorazione, dopo aver dato la forma e la decorazione voluta, aveva bisogno di raggiungere temperature superiori a quella usata per ottenere laterizi per l’edilizia e la si otteneva con il consumo di molta legna, che veniva reperita nei dintorni. Tali piccole fornaci si trovavano accanto alle abitazioni o alle botteghe appartenenti agli “scudellari” (o “boccalari”) Scabusi, Zanetti, Merici, Tonetti e Malgaretto, che divennero in pochi decenni facoltosi proprietari locali. Buona parte degli artigiani locali (v.) nel ‘500 e nel ‘600 erano legati all’attività della cottura dell’argilla.
Nonostante le pessimistiche previsioni dei Porcellaga, la fornace del castello risultò molto attiva nel ‘500, tanto che Carlo Porcellaga nel 1573 ne stimò il valore in 2.900 lire e pochi anni dopo, nel 1588, Sansone Porcellaga la valutò (insieme al relativo appezzamento di terreno di otto piò) ben 10.120 lire affittandola per 506 lire all’anno, anche se dichiarava che la fornace era soggetta alle “inondazioni del torrente Mandolozza” ed aveva scarso terreno rimasto utilizzabile.
Nel 1641 gli eredi di Sansone dichiararono che la fornace “con un corpo solo di stanza terranea et una superiore” veniva affittata comunemente a 300 lire all’anno e che “le pezze di terra nelle quali si cava per fare la robba da fornace, non se ne cava altro frutto” e che sarebbe stato dispendioso renderla coltivabile per la necessità di irrigarla.
Negli anni successivi la fornace andò riducendo effettivamente la propria attività a causa del progressivo esaurimento della terra argillosa e, all’inizio del ‘700, i Martinengo Colleoni la fecero abbattere. Nei pressi sorse una cascinetta chiamata “Fornasetta”, recentemente abbattuta.
In una lettera del 23 maggio 1822 Margherita Erizzo Maffei, per risolvere una controversia fiscale relativa ad una “distrutta Fornace in Roncadelle”, chiese ai Guaineri (v.), nuovi proprietari del castello e delle sue pertinenze, di saperle indicare l’esatta ubicazione dei due appezzamenti di terra chiamati “Fornasotto ed Arenoldo, sopra uno dei quali si vorrebbe abbia esistito la nominata Fornace”, che non esisteva più da oltre un secolo, se non sulle polverose carte di una lenta e meticolosa burocrazia (austriaca) e nella denominazione di un pezzo di terra.