CONFRATERNITE

Lunedì, 29 Settembre, 2025 - 15:00
Ufficio: 
Cultura e Sport
Data pubblicazione: 
Lunedì, 29 Settembre, 2025
Area Tematica: 

Le Confraternite erano organizzazioni laicali di fedeli, che intendevano vivere più intensamente la vita cristiana (senza obbligo di voti o di vita comune) per svolgere opere di culto, carità e devozione, animando le attività parrocchiali e ottenendo numerose indulgenze. Nella storia di Roncadelle ve ne furono due in particolare, che svolsero funzioni rilevanti e durature nella comunità: quella del Ss. Sacramento e quella del s. Rosario. Aggregando molte persone e gestendo anche attività assistenziali, le Confraternite hanno contribuito a rafforzare il tessuto sociale della comunità locale.

 

Le informazioni qui riportate si avvalgono anche di una ricerca documentaria effettuata dal prof. Rolando Anni nel 1982 e pubblicata nel volume “Religione, arte e società a Roncadelle (sec. XVI-XIX)”, Ed. del Moretto, Brescia, 1983.

 

Non abbiamo notizie sulla presenza a Roncadelle nel Basso Medioevo di eventuali Discipline di penitenti o congregazioni della Buona Morte, diffuse in varie parrocchie bresciane.

La Confraternita del Ss. Sacramento (o Scuola del Corpus Domini) sorse a Roncadelle qualche anno prima che iniziasse il Concilio di Trento, quando, sulla scia della predicazione del francescano Bernardino da Feltre, sorsero nella diocesi di Brescia questo tipo di confraternite, volte a contrastare il protestantesimo con la diffusione del culto eucaristico. La Confraternita di Roncadelle sorse intorno al 1540, comunque prima del 7 agosto 1541, data in cui il curato-parroco locale, don Gerolamo Faustini, aggiunse di suo pugno un’annotazione sulla “Regola” della Confraternita, già approvata dal vescovo Paolo Zane, il cui testo è stato poi conservato presso la Biblioteca Queriniana di Brescia.

In particolare, la Confraternita era aperta a uomini e donne che intendevano vivere secondo il messaggio evangelico con una speciale devozione per l’Eucarestia. Chi voleva farne parte doveva farne richiesta al presidente, che si consultava col parroco e, dopo un periodo di prova, gli veniva concesso l’abito. La Confraternita annoverava tra i propri iscritti gran parte dei parrocchiani, che si impegnavano ad assolvere alcuni obblighi devozionali e assistenziali, godevano di indulgenze spirituali ed avevano diritto alla sepoltura particolare in chiesa. Ogni confratello si impegnava a partecipare a tutte le officiature previste dalla Regola, nonché agli impegni economici e assistenziali. A carico della Confraternita era tutta la cera che serviva al culto eucaristico e la spesa per l’olio della lampada del SS. Sacramento, che doveva ardere perennemente; nonché i funerali e le sepolture dei confratelli defunti e le messe di suffragio.

La Confraternita aveva un proprio altare (l’attuale altare delle Reliquie), come testimonia il simbolo dell’ostensorio, che campeggia ancora sopra l’ancona. Inoltre, gestiva l’annuale festa del Corpus Domini, che dal sec. XIII ha rivestito un’importanza particolare nel calendario liturgico cristiano e che venne introdotta nella diocesi bresciana alla fine del ‘300. La festa culminava nella fastosa processione per le vie del paese, addobbate per l’occasione. La Confraternita gestiva anche le celebrazioni delle Quarantore, pratica di adorazione del Santissimo diffusa proprio in quel periodo dal convento dei cappuccini della Badia a tutta la diocesi bresciana. In tali occasioni, i confratelli indossavano una divisa, che era probabilmente composta da un camice bianco e da una mantellina rossa (o gialla?) che recava sul petto il simbolo dell’Eucarestia. La tradizionale cena comune del Giovedì Santo venne però sospesa dai Vescovi, forse perché degenerava spesso in intemperanze.

L’attività della Confraternita era ispirata a tre norme fondamentali: la preghiera, la penitenza e la carità (assistenza ai bisognosi). In particolare, oltre alle pratiche direttamente legate al culto del Ss. Sacramento (come l’accompagnare con i ceri accesi il sacerdote che portava il viatico agli infermi e partecipare alla messa celebrata ogni prima domenica del mese ed alla messa del Corpus Domini il primo giovedì del mese), i confratelli dovevano seguire alcune devozioni (v.) di carattere personale, come la recita di cinque Pater e  Ave ogni giorno, la confessione e comunione almeno tre volte l’anno (in occasione del Natale, della Pasqua e del Corpus Domini) e la visita quotidiana alla chiesa.

Inoltre, la Regola imponeva di visitare e assistere gli infermi della Confraternita, fornire loro un aiuto economico, partecipare ai funerali e pregare in suffragio dei morti, far celebrare un officio per i defunti due volte all’anno e fare opera di convincimento nei confronti dei confratelli peccatori. Si può rilevare come il percorso di crescita spirituale fosse preminente rispetto alle pratiche strettamente cultuali, che spesso assumevano caratteri fastosi e puramente celebrativi.

Gli iscritti si autotassavano per provvedere alle spese di manutenzione ordinaria dell’altare, per i funerali e le sepolture dei confratelli defunti e per le messe di suffragio. Nel 1565, in occasione della prima visita pastorale, la Confraternita risultava ancora priva di qualsiasi reddito. Col passar del tempo, grazie alle offerte e ai lasciti testamentari ricevuti, la Confraternita poté disporre di capitali consistenti, che venivano anche prestati, e di beni immobili, che venivano dati in locazione. In particolare, nel 1641 possedeva sei abitazioni nella Contrada di Sotto, due nei pressi del castello ed un terreno di 7,5 piò nella Contrada di Sopra, oltre ad alcuni beni verso Onzato. Pochi decenni dopo, nel 1723, pur avendo venduto quattro case nella Contrada di Sotto, possedeva a Roncadelle ancora undici abitazioni e 34 piò di terreni presso Onzato. I legati testamentari più consistenti furono quello del “boccalaro” Francesco Malgaretto (7.000 lire nel 1644), che consentì di mantenere un cappellano coadiutore in parrocchia per almeno due secoli; e quello della marchesa Licinia Maria Martinengo Bentivoglio (2.000 scudi nel 1763) finalizzato al mantenimento di un altro cappellano al servizio degli Erizzo (quando erano presenti) e quindi quasi costantemente al servizio della parrocchia.

I redditi percepiti, che variavano dal 4 al 7,5% del patrimonio, consentivano alla Confraternita anche di aiutare i confratelli più bisognosi e di provvedere alle varie necessità della chiesa parrocchiale (v.) ed ha certamente contribuito a rinnovare gli arredi sacri della chiesa dopo l’ampliamento di fine ‘600. Fu probabilmente per intervento della Confraternita se la chiesa parrocchiale poté dotarsi della lunetta che rappresenta l’Ultima Cena (copia dell’opera del Moretto situata nella cappella del Ss. Sacramento in S. Giovanni a Brescia), che venne posta sulla parete centrale del presbiterio.

Periodicamente i confratelli si riunivano per discutere l’andamento dell’associazione e per eleggerne i responsabili (presidente, sindaco, massaro). La scelta tra i candidati avveniva in modo democratico, tramite la deposizione di palline bianche e nere in un’urna, che garantiva la segretezza del voto. Discussioni nascevano a volte sul conflitto d’interessi di qualche responsabile, che aveva ottenuto prestiti o locazioni da parte della Confraternita. La presenza del parroco, benché limitata ad una funzione di controllo esercitata durante gli annuali rendiconti per evitare possibili abusi o distrazione di fondi, venne tuttavia istituzionalizzata nelle Confraternite locali.

Siccome anche la vicinia (v.) eleggeva annualmente due sindaci e un massaro, poteva accadere che venissero eletti come sindaci o massari i rappresentanti di una Confraternita, con conseguente confusione di ruoli; così, nel 1767, i reggenti della Scuola del Ss. Sacramento chiesero al provveditore di Brescia di rendere incompatibile per statuto la doppia carica.

La Confraternita riuscì a sopravvivere agli sconvolgimenti del periodo napoleonico ma, con l’incameramento dei beni attuato successivamente dallo Stato italiano, andò esaurendo le sue funzioni assistenziali e si ridusse a Compagnia del Ss. Sacramento con funzioni prettamente devozionali.

Che incidenza ha avuto la Confraternita sulla spiritualità e la convivenza sociale della comunità locale? Se da una parte sembra che essa abbia contribuito ad affermare il rigido controllo sociale voluto dalla Chiesa dopo il Concilio di Trento, dall’altra si può sostenere che essa abbia saputo tener viva la speranza della popolazione anche nei periodi più difficili e tener testa ai soprusi dei signorotti locali. Si può comunque ritenere che essa abbia svolto un ruolo fondamentale nell’assistenza ai bisognosi e nella diffusione del culto eucaristico, oltre che nel decoro della chiesa parrocchiale.

Oltre alla Scuola del SS. Sacramento, la comunità locale diede vita anche ad un’altra Confraternita storica. Ciò accadde quando, dopo la battaglia navale di Lepanto contro i Turchi (7 ottobre 1571), si diffuse, soprattutto ad opera dei domenicani, la recita comune del Rosario tra i fedeli cattolici. La Scuola o Confraternita del S. Rosario fu eretta a Roncadelle il 12 luglio 1609 per iniziativa di alcuni parrocchiani e del padre domenicano Massimo da Verola, in un periodo in cui i Porcellaga facevano sentire tutto il peso del loro dominio sul paese, mentre carestie e pestilenze infierivano spesso sulla popolazione. Per oltre due secoli essa diede un grande impulso alla devozione mariana locale e alla pratica del Rosario, che veniva recitato quotidianamente e per intero (150 Ave Maria) dai suoi iscritti.

Come quella del SS. Sacramento, anche la Confraternita del Rosario aveva un proprio altare nella chiesa parrocchiale. Era posto a destra della navata (attuale altare della Natività) ed è tuttora identificabile dalla presenza della figura della Vergine del Rosario sull’ovale dell’ancona di marmo.

La Confraternita eleggeva un massaro (nel 1648 Carlo Scabusi, nel 1657 Antonio Dusi) e due sindaci, che ne amministravano le scarse risorse economiche. A differenza della più ricca Confraternita del SS. Sacramento, quella del Rosario si sostenne a lungo con le “incerte elemosine” raccolte dai fedeli. Cominciò ad avere qualche scudo di reddito fisso alla fine del ‘600, grazie ai legati testamentari della famiglia Agosti (quella del parroco dell’epoca), e all’inizio del ‘700, grazie al lascito di un terreno in contrada Cortivazzo da parte di Silvestro Moretti, in cambio di messe di suffragio. La Confraternita doveva provvedere a mantenere l’altare con l’acquisto dei relativi ceri e paramenti, a pagare le messe che vi venivano celebrate, nonché a procurare la cera per i funerali dei propri iscritti.

La Festa del Ss. Rosario veniva celebrata la prima domenica di ottobre con una solenne processione per le vie del paese.

La Confraternita, sciolta dalla Repubblica napoleonica, si ricostituì in epoca austriaca e scomparve intorno alla metà dell’800. Ma la pratica del Rosario rimase radicata nelle abitudini devozionali dei fedeli, che usavano recitarlo abitualmente nelle case e nelle stalle, oltre che nelle visite ai defunti e durante alcune cerimonie religiose.

Intorno alla metà del ‘700 sorsero a Roncadelle nuove confraternite: quella della Dottrina Cristiana, che aveva una finalità culturale-formativa, e quella dei Cinturati, che ebbe un proprio altare nella chiesa parrocchiale dedicato alla Madonna della Cintura (o della Consolazione). Questa devozione (diffusa dall’ordine agostiniano) era nata dal racconto dell’apparizione della Vergine Maria a S. Monica, in cui le donò una cintura in segno di protezione e di consolazione. La festa della Madonna della Cintura veniva celebrata la domenica successiva al 28 agosto, ricorrenza di sant’Agostino. A questo altare Maria Fachetti ved. Scala destinò i propri beni nel testamento del 1761 per delle messe di suffragio e lasciò anche una quantità di seta (guarnita d’oro) sufficiente per rivestire la statua della Madonna della Cintura ed un anello d’oro per adornarla.

Nel corso dell’Ottocento sorsero nella parrocchia locale anche il Terz’Ordine francescano e la Confraternita del Sacro Cuore, che ebbe il suo altare in chiesa con relativa statua. Celebrata il venerdì successivo al Corpus Domini, la devozione al S. Cuore di Gesù ha dato origine anche alla pratica dei primi nove venerdì del mese, piuttosto diffusa tra i fedeli della parrocchia.

Nel 1889 (due anni prima della “Rerum novarum”) fu costituita in parrocchia anche una Società Operaia Cattolica di Mutuo Soccorso con lo scopo di offrire un sostegno economico ai soci in caso di malattia o infortunio e di fornire assistenza ai congiunti dei soci deceduti, oltre che promuovere attività educative e culturali. Era il segno che molte cose stavano cambiando nella società (l’industrializzazione, il mito del progresso, la crescente laicizzazione, ecc.) e cambiò anche l’associazionismo locale, che divenne più variegato, forse anche più effimero, ma sempre rivolto al miglioramento personale e comunitario.