CASA DI RIPOSO

La Casa di Riposo “Berardi Manzoni”, popolarmente chiamata ancora “Ricovero”, è ora una R.S.A. Fa parte della realtà sociale e assistenziale di Roncadelle da oltre mezzo secolo. Deriva da un lascito testamentario della signora Maria Berardi ved. Manzoni, che ha destinato a tale scopo la sua residenza in via S. Bernardino per il profondo legame che la univa alla comunità locale.
Maria Berardi (1881-1964) era figlia di Francesco Berardi (1814-1896), banchiere bresciano e sindaco di Roncadelle dal 1871 al 1884, che nel 1867 aveva rilevato le proprietà Bonomi in via S. Bernardino insieme a 155 piò di terreni. Alla morte del padre, Maria Berardi ne ereditò le sostanze insieme alla sorella Zelmira. Donna di profonda religiosità, stabilì un legame costante con la comunità parrocchiale di Roncadelle; le sue generose offerte contribuirono a realizzare nuove opere e ad assistere i bisognosi. Sposata all’avvocato Bonaventura Manzoni, ebbe tre figli maschi, che non le sopravvissero: Giorgio (1903) morì ancora giovane, mentre frequentava l’università; Silvio (1906), diventato avvocato come il padre, morì a 43 anni; Giulio (1905), ingegnere edile, che progettò la Casa del Fascio (v.) di Roncadelle, morì nel 1954 senza figli. Il marito era deceduto nel 1936. Rimasta sola e senza eredi, Maria Berardi decise di destinare le sue proprietà ad un’opera benefica e, dopo essersi consultata col parroco don Carlo Vezzoli, a cui la univa un lungo legame spirituale, si orientò verso il problema dell’assistenza agli anziani meno fortunati. Nel testamento del 1964 destinò quindi la parte più consistente dei suoi beni di Roncadelle e di Brescia all’istituzione di un “Ricovero per vecchi ed invalidi” in memoria dei suoi cari, stabilendo che fosse il parroco pro-tempore di Roncadelle a provvedere all’erezione in Ente Morale e alla gestione del “ricovero, che si dovrà aprire nella mia casa in Roncadelle”. Poco tempo dopo, il 13 novembre 1964, Maria Berardi moriva.
Il legato testamentario destinava all’istituendo “Ricovero” l’abitazione di via S. Bernardino e tre immobili a Brescia. L’edificio di Roncadelle, destinato a diventare la sede istituzionale della Casa di Riposo, venne così descritto:
“Il fabbricato è in muratura di mattoni per due piani fuori terra con ampio solaio e tetto in legname tavellonato con manto di coppi. La costruzione si presenta in buone condizioni di manutenzione con finiture al civile, e comprende al piano terreno, nella parte a monte, un grande ambiente di soggiorno ed altro ad uso di cucina e servizi, mentre nella parte a mezzodì vi è porticato in quattro campate, di cui tre chiuse da serramenti e vetri ad uso veranda. Al primo piano, a cui si accede da scala interna in pietra, vi sono varie camere con servizio. La costruzione è completa di impianto di luce, impianto d’acqua sul lavandino e nei servizi; manca l’impianto di riscaldamento. Direttamente collegato con il palazzo, vi è ala di servizio su due piani fuori terra, con accesso indipendente da stradella in lato di sera, e nella quale si trovano alcuni locali di abitazione (due al piano terra e tre al primo piano), rimessa e locale ripostiglio adiacente a due ampi solai. L’immobile è completato da ampio giardino di circa mq. 1.800, cintato sui tre lati, piantato di piante ornamentali d’alto fusto”.
Nel 1965 don Carlo Vezzoli, accettato il lascito testamentario, avviò le pratiche per realizzare la volontà della benefattrice. Presentò alla presidenza della Repubblica la richiesta per l’erezione a Ente Morale del “ricovero” e per l’approvazione del relativo Statuto organico, nel quale venne stabilito che la fondazione, I.P.A.B. con personalità giuridica pubblica, fosse retta da un Consiglio di Amministrazione di 5 membri (due dei quali nominati dall’Amministrazione comunale) e presieduto dal parroco pro tempore di Roncadelle, membro di diritto, che avrebbe nominato gli altri due componenti. La domanda venne accolta e approvata con decreto presidenziale del 6 gennaio 1966.
Il 22 luglio 1967 don Carlo Vezzoli moriva e il nuovo parroco, don Amilcare Gatelli, il 30 ottobre dello stesso anno divenne automaticamente il nuovo presidente dell’Ente Morale e si attivò per realizzare l’opera in base ai progetti attuativi esistenti. Per poter sistemare in modo adeguato i locali dell’edificio di via S. Bernardino, nel 1969 si deliberò l’alienazione di un immobile di Brescia, che venne venduto nel 1970. Nel 1971 poterono finalmente iniziare i lavori di sistemazione della Casa di Riposo, predisposta per ospitare 50 anziani, che venne inaugurata il 24 febbraio 1974 e iniziò la propria attività pochi giorni dopo.
In conformità allo spirito di carità cristiana manifestato dalla benefattrice, la conduzione della Casa di Riposo venne affidata alle suore della Sacra Famiglia di Spoleto, già presenti a Roncadelle dal 1910 per la gestione dell’Asilo Infantile (v.) e per l’animazione della parrocchia.
Alla fine del 1974 gli ospiti erano 21; un anno dopo erano diventati 41 e ben presto raggiunsero il tetto massimo previsto di 50. Gli operatori (cuochi, infermieri, ausiliari, impiegata) forniscono la necessaria assistenza quotidiana agli ospiti, cercando di rendere l’ambiente più accogliente e familiare e garantendo, oltre al vitto, un alloggio adeguato e pulito, una costante cura del corpo e del vestiario, l’assistenza medica, infermieristica e fisioterapica; mentre l’assistenza religiosa è fornita dai sacerdoti della parrocchia. Le funzioni religiose vengono normalmente svolte nell’apposita cappella, che nel 1996 è stata decorata da un pregevole affresco di Natale Doneschi raffigurante l’Ultima Cena (m 8x4) e dalle stazioni della Via Crucis dello stesso autore. Inoltre, la presenza sul territorio di varie associazioni di volontariato particolarmente sensibili alle esigenze degli anziani ha sempre offerto agli ospiti un utile e affidabile supporto per ogni evenienza.
Gli ospiti, in prevalenza donne, in prevalenza roncadellesi (75%), in prevalenza non autosufficienti, hanno chiesto l’ammissione alla Casa di Riposo perché privi di una famiglia o perché l’assistenza dei famigliari diventava troppo pesante ed onerosa. Bisogna inoltre considerare che, anche per quelli autosufficienti all’atto di ammissione, col passare degli anni peggiorano inevitabilmente le loro condizioni di salute psico-fisica. Gli ospiti devono essere provvisti dei mezzi occorrenti per il pagamento della retta, necessaria a fronteggiare le spese e commisurata al costo effettivo delle prestazioni e dell’assistenza fornita: il contributo regionale copre infatti solo una parte della spesa e limitatamente agli ospiti non autosufficienti, mentre il Comune ha l’unico obbligo di integrare le rette dei residenti non abbienti.
Al presidente (parroco) sono attribuiti compiti di rappresentanza, di indirizzo e coordinamento; la responsabilità della gestione della Fondazione è attribuita al Direttore Generale, che ne garantisce il regolare funzionamento in relazione agli obiettivi assegnati dal Consiglio di Amministrazione. Hanno fornito una lunga collaborazione anche le suore della Sacra Famiglia di Spoleto, prestando la loro opera di volontariato nelle varie fasi della ormai lunga storia della Casa di Riposo, sopperendo con il cuore e l’intelligenza agli impegni che man mano si sono presentati.
Nel 2002 la Casa di Riposo ha ricevuto il premio “Pietro Panzera” (istituito dalla C.I.S.L.) per la dignitosa assistenza prestata agli anziani.
Poiché l’utenza era sempre più composta da anziani con patologie cronico-degenerative, che per ragioni diverse non potevano essere assistiti a domicilio, la I.P.A.B. “Casa di Riposo Berardi Manzoni” aderì al modello socio-assistenziale della R.S.A. trasformandosi nel 2003 in Fondazione “Residenza Berardi Manzoni”, persona giuridica di diritto privato di utilità sociale e senza scopo di lucro, ai sensi e per gli effetti della Legge Regionale 12 febbraio 2003. E si diede un nuovo Statuto.
Dotata di vari ambienti (salone, cucina, refettorio, camere, infermeria, palestra attrezzata, cappella, saletta di ritrovo, ufficio amministrativo, abitazione per le suore, giardino, bagni e servizi igienici), la “Residenza” corrispondeva già ai parametri richiesti dalla Regione per le Residenze Sanitarie Assistenziali e risultava adeguata rispetto ai bisogni degli anziani, anche per gli aspetti qualitativi (accoglienza, orientamento, familiarità, accessibilità, tutela della privacy, socializzazione, ecc.). La Regione approvò la trasformazione nel marzo 2004.
Venne quindi aumentato il personale qualificato, poiché non bastava più custodire e assistere gli anziani, ma occorreva promuoverne e tutelarne la salute, intesa come autonomia funzionale e benessere psico-fisico-sociale con un’assistenza sanitaria e infermieristica continua e una presenza medica garantita 24 ore su 24. Anche per gli animatori volontari c’era spazio per nuove iniziative, come feste di compleanno, attività ludico-ricreative, lettura, teatro, musica, attività manuali, recupero dei ricordi e delle tradizioni, ecc.
Nel 2003 venne ampliata la convenzione con l’Amministrazione comunale, attivando un servizio di “ospitalità parziale” con l’intento di alleggerire il delicato e gravoso compito dell’assistenza prestata in famiglia ad anziani non autosufficienti. Venne offerta ad alcuni anziani esterni la possibilità di un inserimento parziale nei servizi della Residenza, compresi i momenti di socializzazione e di relax, dietro pagamento di una retta. Ciò consente di utilizzare al meglio le potenzialità della Casa di Riposo offrendo, al contempo, un servizio utile alla comunità locale.
L’entità della retta giornaliera (per oltre la metà a carico dell’assistito o dei suoi familiari) si è sempre mantenuta in linea con quella di altre strutture operanti sul territorio, pur fornendo servizi di qualità.
Periodicamente dovevano essere attuati lavori di ristrutturazione e di ampliamento per adeguare l’edificio agli obblighi normativi di aggiornamento edilizio per le strutture residenziali. Per farvi fronte si è fatto ricorso anche alla vendita dei residui immobili ereditati con il lascito della signora Berardi, situati in città.
Con i lavori eseguiti nel 2010-13, oltre ai servizi di R.S.A. per 43 anziani non autosufficienti, di Centro Diurno Integrato per 15 anziani assistiti in famiglia, di Riabilitazione e Fisioterapia aperto anche agli esterni, di Pasti a domicilio, è stato realizzato un nuovo servizio: Mini Alloggi Protetti, in grado di ospitare 6 persone anziane rimaste sole o che sentono la fatica di una non piena autosufficienza, fornendo loro i necessari servizi di supporto (lavanderia e pasti, controlli sanitari, pulizie). E vengono ora offerte nuove prestazioni assistenziali a domicilio nelle forme sociali (SAD) e socio-sanitarie (ADI).
Infatti, come sostiene il direttore generale Pietro Pelegrinelli: “Nonostante le profonde trasformazioni sociali, la famiglia costituisce per molti anziani non autosufficienti un punto di riferimento, sostegno e luogo di cura difficilmente sostituibile. La pratica del “care”, del prendersi cura, resta ancora un patrimonio sommerso, vissuto silenziosamente tra le mura domestiche attraverso gesti quotidiani, che trovano soprattutto nella donna da sempre, per storia e cultura, la naturale protagonista. In una fase storica in cui il Welfare state fa i conti con la necessità di un contenimento economico e ricolloca in posizione centrale la famiglia quale “principal care”, diventa importante valorizzare le risorse della comunità a favore delle famiglie con anziani a carico”.
Così, nel 2013 sono state assistite 218 persone: 54 in R.S.A., 45 a domicilio e 119 in palestra; mentre nel 2016 gli assistiti sono stati 549, di cui 59 in R.S.A. e minialloggi, 23 nel centro diurno, 257 al loro domicilio, 213 in palestra di fisiokinesiterapia.
Nel 2021 la Residenza Berardi Manzoni è diventata ETS (ente del terzo settore) e si è data un nuovo Statuto. Il buon funzionamento della struttura e la qualità dei servizi offerti dalla Residenza sono frutto di una sinergia collettiva, che va dagli operatori al Consiglio di amministrazione, al direttore generale, ma che si avvale anche del costante e prezioso contributo dell’Amministrazione comunale e del volontariato locale. Si tratta quindi di un’opera socio-assistenziale ben inserita nella comunità locale, in grado di dare risposte anche a richieste esterne.