ALLUVIONI
Ricorrenti piene e disastrosi straripamenti hanno costellato la storia del Mella e del territorio circostante. Lo scioglimento delle nevi in primavera e, soprattutto, le forti piogge autunnali o di fine estate causavano spesso in passato la tracimazione del fiume e il conseguente allagamento dei paesi e delle campagne circostanti. Le piene, dovute all’incostanza del regime idrico del Mella, divennero col tempo sempre più improvvise e rovinose a causa del progressivo disboscamento lungo il suo percorso e del restringimento artificiale dell’alveo.
La vicinanza del Mella (v.), oltre ad offrire alcuni indubbi vantaggi per la popolazione locale, rappresentò a lungo per Roncadelle anche una costante minaccia. Il suo carattere torrentizio, il dislivello del suo corso e l’inadeguatezza degli argini causavano infatti frequenti allagamenti del territorio circostante. Anche il vicino torrente Gandovere esondava talvolta dal suo alveo, ma creando danni minori.
La popolazione locale si era rassegnata a convivere con gli straripamenti del fiume, dovuti alle piene primaverili ed autunnali, accettandoli come una delle calamità naturali che colpivano periodicamente il territorio. Ma a volte le esondazioni erano talmente rovinose da lasciare il segno. Vengono così ricordate molte inondazioni, documentate soprattutto negli ultimi secoli. La più antica, di cui è rimasta traccia, risale al 589 d.C. Un’alluvione che creò ingenti danni è quella del 1222 (o 1223), in concomitanza con uno dei più violenti terremoti (v.) che colpì Brescia: rotti gli argini, il fiume abbatté case a Brescia e dintorni e seminò molte vittime. Un’altra, meno famosa, si verificò nel 1228.
In quel periodo gli abitanti del locus di Roncadelle vennero esentati dall’obbligo di sistemare e riparare le strade e gli argini di pubblico interesse non essendo considerati “nec universitas nec communitas”, ma essenzialmente “familli” del monastero di S. Giulia.
All’inizio di novembre del 1294 si verificarono gravi alluvioni nel bacino padano (Brescia compresa) con numerose vittime e danni. Le colture vicine al Mella erano costantemente minacciate dagli straripamenti causati dalle piene, che vanificavano i vari tentativi di rafforzare gli argini.
Le frequenti esondazioni creavano anche delle zone paludose o lamive nei vicini avvallamenti, che fungevano un po’ da casse di espansione. Altre zone paludose locali erano dovute a risorgive che diffondevano masse d’acqua non incanalate. Accanto al fiume veniva rispettata una fascia boschiva, che consentiva di consolidare il terreno e aumentare la capacità di drenaggio. Le edificazioni sorgevano a debita distanza dal fiume e le strade che lo attraversavano erano spesso impraticabili. A Roncadelle veniva frequentemente inondata e devastata la strada “regale” che, collegando Brescia con la fortezza di Orzinuovi e di Crema, dal sec. XIII era ritenuta importante, per cui le autorità venete si preoccuparono costantemente di proteggerne e ripristinarne la praticabilità.
Nel sec. XV si registrarono alluvioni nel 1455 e 1456; la più grave fu quella del 1467, quando, dopo una grande siccità estiva, arrivarono interminabili piogge autunnali. Altre esondazioni avvennero nel 1478, nel 1481 e nel 1491.
Gravi inondazioni arrivarono anche nel sec. XVI, come quelle del 1503, del 1506, del 1519 e soprattutto l’alluvione nella notte del 1° maggio 1527, quando “strariparono le acque del Mella in Val Trompia giù sino alla Mandolossa ed al circostante suburbio… Ne furono sommerse e distrutte le colture agricole, orti, mulini, case, officine… e annegò il bestiame” (C. Pasero). Poi ancora rovinose piene dovute al maltempo e conseguente ingrossamento del fiume si verificarono nel 1531, il 27 luglio 1532, nel 1536, nel 1557 e nel 1576.
Dopo aver deliberato nel 1582 di costruire sul Mella, all’altezza di Roncadelle, un nuovo ponte, i Rettori di Brescia dovettero provvedere a far costruire gli opportuni “ripari” lungo le rive del fiume e, non volendo mettere un tale onere a carico dello Stato, non trovarono di meglio che addossare ai proprietari direttamente interessati al problema tutte le responsabilità e i costi derivanti da secolari incurie e leggerezze. Con il consenso di Venezia, nel 1609 i Rettori imposero ai “cittadini rurali” di Roncadelle l’onere di riparare la strada per Orzinuovi nei pressi del Mella e il 14 ottobre 1613 stabilirono che i proprietari di terreni situati tra il ponte di S. Giacomo e quello di Roncadelle, fino ad una distanza di 120 cavezzi (circa 350 metri) dalle “gerre” del Mella, dovessero provvedere alla costruzione di adeguati argini su quel tratto di fiume, rispettando una larghezza dell’alveo di almeno 24 cavezzi (circa 68 metri), e alla ripartizione della relativa spesa in proporzione ai propri possedimenti. Ma le arginature non vennero effettuate per l’opposizione dei proprietari locali, che ritenevano eccessivo il carico di spesa. Allora il capitano di Brescia, rilevando la necessità di “acconciar la strada di Roncadelle” e di “fabricare li ripari necessari” lungo la sponda destra del Mella per “ridurre il corso dell’acqua che col mezzo di esse rotte va inondando e devastando ogn’hora più la strada predetta con gravissimo pregiudizio del pubblico e privato interesse”, il 4 aprile 1628 chiese a Francesco Capitanio e Marcantonio Porcellaga, proprietari di terreni a Roncadelle presso il fiume, di aiutare un suo incaricato per la “perticazione” delle proprietà sulla riva occidentale del Mella e per il conseguente riparto della spesa di arginatura. Una ducale del 16 maggio successivo ribadì la disposizione dei Rettori del 14 ottobre 1613 ordinando che si provvedesse entro due mesi alla costruzione dei ripari a monte del ponte di Roncadelle. Ma non fu certo facile convincere i possidenti interessati. In base ad un semplice calcolo, essi avevano infatti conteggiato, per la costruzione degli argini su 332 cavezzi (circa 950 metri) di sponda, un costo complessivo di 9.296 lire, che, ripartito su 665 piò di terreni, comportava un onere medio di 14 lire al piò, “un agravio intolerabile” per terreni scarsamente produttivi, che i proprietari minacciarono di lasciar “andare in gerre”. Solo quando ottennero di poter estendere il riparto della spesa a tutti i proprietari di Roncadelle, essi accettarono di contribuire.
Del sec. XVII è rimasta traccia di poche alluvioni: si ricordano quella del 1614, quando in seguito ad un periodo molto piovoso, venne allagata Brescia con le Chiusure (v.), e quella del 1618. Particolarmente grave fu quella del 30 maggio 1676, che travolse ponti e case, causando danni per 150.000 scudi in Valle Trompia; e poi se ne verificò un’altra nell’agosto 1689.
Delle esondazioni del primo ‘600 è rimasta traccia nei documenti di Luigi Guaineri, che risiedeva a Villa Nuova (v.) di Roncadelle, quindi a poca distanza dal Mella. Così ricordò la notte del 29 settembre 1618 nel suo diario di caccia:
“Il giorno de S.to Michaele tempo sceleratissimo, ribaldissimo, diavolissimo, et più la notte chel giorno essendo venuta la Mella tanto grande che venne nel cortivo, sì che tutta la casa era piena d’acqua, le brede de sopra di casa e di sotto, l’horto, il brolo, tutto il loco del massaro, et tutto il giorno non si fece altro che far gittar l’acqua da trei homeni fora delli logi di casa essendo alta fin a meza gamba”. E ancora: “La Mella dall’Aprile che cominciò a venire non seccò mai, salvo dui giorni et poi ritornò a venire con tanta ruina che inondò tutto Roncadelli et mi venne nel cortivo la matina di S.to Michaele sì che tutta la casa, l’ara, l’horto, il brolo, le brede di sopra et di sotto erano piene di aqua et la Valle Trompia ne patì de danno scudi centomilla”.
Inoltre Luigi Guaineri testimoniò ad un processo per una inondazione avvenuta qualche anno prima:
“La Mella ruppe de sotto del ponte di S.to Jacomo et exalveando per quelli logi, venne con tanta ruina in quelli piò 17 de terra che sono di sopra del cortivo, dove è la tesa famosa dei tordi, et nel sudetto cortivo, che cessando una volta la ruina trovorno nel detto cortivo più di quatro pesi di carbone, che la Mella toltolo dall’altissime montagne di Valtrompia aveva ivi condotto. Questo ch’io dico lo provarò per molti testimonij, che di ciò s’aricordano et ciò hanno visto. Io benissimo m’aricordo ch’una volta mi fu forza star in solaro doi giorni, essendo tutt’il loco pieno d’acqua, et feci (cessata che fu) menar fora della caneva, cosina, ara et portico, più de cento carra de leda mista con sabione et giara et so benissimo che nella caneva tutte le veze erano incanestrate et atterrate di simile mistura fin al meggio, et si sa ancora che per questa causa la terra de Roncadelli litigò con la terra de Botonaga et per noi interveneva il q. ill.re et ex.mo sig. cavaglier Onofrio Maggio et fu judicato per noi et mi fu concesso che potessimo reparare de sotto del ponte come si fece et così cessò quella miseria, altrimente et quelle terre et quel cortivo andavano in dispersione”.
Il 10 giugno 1674 venne convocata nella sala del Consiglio di Brescia un’apposita assemblea di tutti i proprietari interessati alle “reparationi della Mella” nel tratto di Roncadelle. Vi parteciparono 23 possidenti e sei rappresentanti della città. Dopo aver illustrato la pericolosità del Mella, il cui fondo si era innalzato più dei terreni adiacenti, e aver sottolineato che la riva sinistra del fiume era stata adeguatamente fornita di ripari da parte della comunità della Sorbana, i deputati cittadini rilevarono la necessità di provvedere ai ripari della riva destra per proteggere gli interessi dei privati e la strada di Orzinuovi da nuove alluvioni e proposero di ripartire la spesa tra tutti i proprietari di Roncadelle nella proporzione stabilita da un’apposita delegazione composta dai deputati del Mella e da tre sindaci nominati dall’assemblea (Antonio Porcellaga, Scipione Capitanio e Tommaso Pelizzari). La proposta venne approvata con 19 voti favorevoli (tra cui i 6 rappresentanti cittadini) e 10 contrari. Pochi mesi dopo la delegazione impose una “taglia” provvisoria di 500 scudi (pari a 3.500 lire piccole) da ripartire tra tutti i proprietari di beni situati tra il Mella e il Mandolossa, in modo che non si dovessero versare più di 2 lire piccole per ogni piò di terreno posseduto.
In seguito a nuove inondazioni del Mella, tra cui va ricordata quella del 30 maggio 1676, i proprietari di Roncadelle vennero ripetutamente invitati dalle autorità bresciane a provvedere alla riparazione degli argini, del ponte e delle strade. E, pur opponendo qualche resistenza, essi versarono periodicamente la “taglia”, che gravava soprattutto sui frontisti, ossia su coloro che detenevano beni immobili entro 120 cavezzi dalla riva del fiume. Nel 1698 la “taglia” di 500 scudi venne ripartita tra i sette maggiori possidenti rivieraschi ed altri 85 proprietari locali. I contributi maggiori furono a carico di Gerolamo Terzi (400 lire piccole), Scipione Capitanio (259), Camillo Martinazzi (266), Monastero di S. Giulia (240), Gaspare Martinengo (200).
Devastatrici, anche a Roncadelle, dove vennero distrutte case e strade, furono le inondazioni del 1727 e dell’ottobre 1738 a causa delle intensissime piogge; gravissima anche quella del 31 agosto 1757.
Dal 1752 si erano verificati danni d’erosione lungo il Mella a causa dell’incuria dei frontisti, che non vi costruivano opportuni ripari. Dovette intervenire il doge Francesco Loredan con una ducale del 18 maggio 1756 per risolvere il problema, che causava “pregiuditii per le disalveazioni del torrente Mela, che rendono esterminate molte campagne, interdette le reggie strade e minacciate le terre medesime abitate, li ponti di comunicazione, a motivo di incuria de’ possessori de beni in vicinanza a codesta città nel distretto di Roncadelle”. Per riparare tali danni venne incaricato l’ing. Paolantonio Cristiani, che dovette provvedere al riassetto delle sponde del fiume, in particolare “per l’otturazione che devesi fare dell’apertura fatta dala Mella all’imboccatura della strada regale delli Orzi Nuovi”.
I proprietari della “villa” di Roncadelle si riunivano periodicamente per aggiornare la “perticazione” e il riparto dei costi per i ripari della riva destra del Mella. Il 14 settembre 1766 si riunirono nella chiesuola di S. Antonio in Contrada di Sotto: i 21 partecipanti elessero come propri deputati Scipione Garbelli e don Vincenzo Dusi (che rappresentava i proprietari del castello) e come massaro Andrea Spagnoli. Vennero quindi riviste le entità delle varie proprietà e ripartite le spese previste per i ripari del Mella (600 scudi) e per la strada reale (100 scudi). I costi per la manutenzione e il rifacimento delle opere pubbliche danneggiate dal Mella gravavano ormai costantemente sui proprietari locali, che non potevano più appellarsi agli antichi privilegi (v.).
Altre esondazioni avvennero il 20 novembre 1785, il 4 novembre 1786, il 26 dicembre 1794 per una rottura degli argini nel tratto di proprietà dei signori Erizzo del castello, e nel 1798.
Nell’Ottocento sono ricordate almeno 19 inondazioni di diversa gravità, avvenute per lo più in autunno, a cominciare da quelle del 9 novembre 1801, del 28 ottobre 1804, di fine novembre 1807, dell’ottobre 1823, del 1835. Nel 1840 e nel 1852 le acque del Mella invasero l’ufficio del Comune di Roncadelle (situato allora vicino al castello Guaineri) e arrecarono diversi danni al paese.
La più grave e famosa alluvione è quella del 14 agosto 1850, che con “un fragoroso rumore” nello spazio di tre ore distrusse ponti, strade, case, officine in Valtrompia e poi allagò la zona occidentale di Brescia e i paesi lungo il fiume creando anche ingenti danni alle colture. Da varie parti d’Italia, e specialmente dal Piemonte e dal Lombardo-Veneto, arrivarono aiuti immediati e raccolte di denaro, che raggiunsero la straordinaria somma di 965.026 lire, con uno slancio di solidarietà tale da impensierire il governo di Vienna, che vi ravvisò un atteggiamento antiaustriaco.
Nel 1855 una nuova inondazione seminò distruzioni nei territori di S. Nazaro e Roncadelle. Altre esondazioni si verificarono nel 1862, nel 1864, nel 1870, nel 1874, nel 1875, nel 1879. Il 16 settembre 1882, a causa delle intense piogge, il Mella travolse i ponti a Brescia e poco dopo si organizzò un convegno per studiare la miglior utilizzazione delle acque del fiume. Nuove alluvioni rovinose avvennero nel 1886, le cui riparazioni richiesero una spesa di 9.000 lire, nel settembre 1888 e nell’ottobre 1889. Venne creato allora, nel 1888, il Consorzio Generale Federativo delle Utenze del Mella per regolare i rapporti di ciascuna utenza, gli orari di irrigazione, la restituzione dei coli e tutto ciò che riguardava il comune interesse delle utenze. Al Consorzio aderì anche la roggia Porcellaga (v.). Nacquero inoltre Consorzi di difesa del Mella, tra cui quello dal Ponte di S. Giacomo alla Montata di Roncadelle e quello dalla Montata di Roncadelle al Fienil Cattaneo in Castemella.
Ma tutti gli sforzi compiuti non riuscirono a domare le acque del Mella, che dopo la piena del 1901, straripò ancora nel maggio del 1908. Altre piene del fiume si ebbero nel 1930, il 20 settembre 1937, nel 1959 e il 4 novembre 1966. Quest’ultima fu particolarmente disastrosa per Castelmella perché, dopo giornate di incessanti piogge, il fiume ruppe l’argine a nord del paese e dilagò devastando case, stalle, cortili e uccidendo centinaia di animali.
Il rischio di alluvioni, sempre incombente anche a causa della crisi climatica in atto, è stato ridotto negli ultimi decenni, per quanto riguarda le esondazioni del Mella, con vari accorgimenti di ingegneria idraulica e naturalistica. E si tratta ora di recuperare un rapporto di rispetto del fiume e delle sue esigenze, con reciproco vantaggio.
Ma il rischio rimane ancora alto per quanto riguarda il territorio urbanizzato nel caso di piogge torrenziali, a causa dell’eccesso di superfici impermeabili, che non consentono un drenaggio sostenibile, e di impianti fognari e di smaltimento idrico non sempre adeguati.