ABITANTI

Lunedì, 30 Giugno, 2025 - 11:00
Ufficio: 
Cultura e Sport
Data pubblicazione: 
Lunedì, 30 Giugno, 2025
Area Tematica: 

Gli stanziamenti e le variazioni demografiche su un territorio dipendono da molti e diversi fattori (socio-economici, ambientali, storici, culturali, ecc.). Il popolamento di Roncadelle, prima di attestarsi sugli attuali 9.000 abitanti, ha attraversato nella sua lunga storia diverse fasi, che spesso ricalcano eventi e tendenze più generali, ma che a volte presentano interessanti caratteri peculiari.

Il primo popolamento stabile del territorio di Roncadelle risale al I sec. d.C., quando la centuriazione (v.) effettuata dai Romani (v.) consentì l’insediamento di alcune decine di famiglie. Si trattava per lo più di veterani dell’esercito e di coloni provenienti da altre zone. Vi si stabilirono presumibilmente anche alcuni schiavi appartenenti ai possidenti bresciani, che si erano accaparrati parte del territorio locale e che andarono successivamente estendendo le loro proprietà a scapito dei piccoli proprietari. Tenendo conto dell’estensione del territorio centuriato e delle famiglie che potevano insediarvisi, la popolazione locale di quel periodo può essere stimata intorno ai 200 abitanti. La centuriazione, oltre ad imprimere una inevitabile accelerazione nello sviluppo produttivo del territorio, generò nuove forme di aggregazione sociale. L’unità produttiva elementare era la familia, di cui facevano parte anche eventuali schiavi; ma la gestione comune di boschi e pascoli e della rete stradale vicinale dovette favorire l’instaurazione di stretti vincoli sociali tra le famiglie del territorio.

La progressiva crisi dell’economia agricola e del sistema di produzione schiavistico fra il III e il IV secolo, costrinse molti piccoli proprietari a cedere le loro terre per mettersi al servizio di qualche signore o per adattarsi a svolgere altri mestieri in città. La caduta dell’impero romano, col suo lungo seguito di guerre, carestie e pestilenze, comportò poi una grave riduzione della popolazione locale ed il territorio rimase a lungo scarsamente abitato. “Era come se il mondo fosse tornato al grande silenzio delle origini, quando né animali né uomini lo popolavano” (Paolo Diacono). Con l’arrivo dei Longobardi (v.), i grandi proprietari terrieri vennero espropriati, mentre contadini e piccoli proprietari furono ridotti a servi ed obbligati a versare ai nuovi padroni un terzo dei prodotti raccolti.

L’impulso per un nuovo ripopolamento venne dato nel Basso Medioevo dal monastero di Santa Giulia, che a Roncadelle aveva una curtis (v.) con possedimenti sia nella parte coltivabile che nella parte boschiva con un cascinale sulla strada rurale per Travagliato (primo nucleo della Contrada di Sopra) e che gestiva un hospitium (v.) sulla strada per Orzinuovi (primo nucleo della Contrada di Sotto). Nel XII secolo decine di contadini ricominciarono infatti a “runcare” e livellare i terreni, prosciugare gli acquitrini, canalizzare le acque, arginare le rive dei corsi d’acqua e coltivare nuovi appezzamenti di terra, confortati anche dalla protezione del Comune di Brescia, che nel 1298 pose i possedimenti di S. Giulia sotto la custodia delle Chiusure (v.). In quel periodo i capifamiglia “originari” di Roncadelle si riunirono in vicinia (v.) per provvedere alle necessità collettive. Erano alcune decine le famiglie residenti, che abitavano per lo più in casupole sparse sul territorio e che erano ancora considerate quasi tutte alle dipendenze del Monastero.

Un ulteriore sviluppo demografico derivò dall’impulso economico fornito dai nuovi proprietari terrieri, che investirono capitali ed energie sul territorio, a partire dai Porcellaga (v.) che, dopo aver acquistato gran parte dei terreni locali, li resero produttivi e vi realizzarono, alla fine del ‘300, una seriola (v.) per irrigarli. Nel 1386 il territorio locale fu inserito a pieno titolo nelle Chiusure di Brescia e, per favorirne lo sviluppo, vennero concessi privilegi (v.), ossia esenzioni fiscali e immunità, agli abitanti presenti e futuri di Roncadelle. Pochi anni dopo i Porcellaga vi costruirono il castello (v.) e favorirono nuovi insediamenti. Grazie ad un lungo periodo di pace e stabilità, garantite dal governo di Venezia, nel corso del sec. XV la popolazione si andò incrementando ed articolando in varie attività economiche: la grande maggioranza era addetta al lavoro nei campi, ma cominciarono a stabilirsi a Roncadelle artigiani, commercianti, guardie, religiosi, ecc. Anche se non è possibile quantificarne esattamente la crescita, possiamo ipotizzare nel corso del ‘400 e del ‘500 un forte incremento, tale da portare la popolazione ad attestarsi sui 700 abitanti. In effetti, in quel periodo vennero costruite a Roncadelle nuove abitazioni (v.) e nuove cascine rurali, che dovettero richiamare nuovi abitanti da zone circostanti. Pur colpita da varie vicende negative, come carestie, epidemie (v.) e pestilenze, guerre (v.), alluvioni ed altre calamità naturali (v.), la popolazione locale rimase abbastanza costante per tutto il periodo di dominazione veneta.

Per quanto riguarda i dati sulla popolazione assoluta possiamo far riferimento ai documenti di origine ecclesiastica, in particolare alle relazioni dei parroci stese in occasione delle periodiche visite pastorali (v.) e conservate presso l’Archivio Vescovile di Brescia. Pur essendo dati approssimativi (spesso arrotondati), forniscono una indicazione attendibile sull’andamento demografico locale.

 

         anno         abitanti                   anno        abitanti                     anno        abitanti

         1565     -     725                       1665     -     650                       1711     -      662   

         1572     -     560                       1684     -     750                       1792     -      840

         1648     -     750                       1693     -     712                       1816     -      900

         1657     -     700                       1702     -     717                       1886     -   1.250        

Dai registri parrocchiali si possono rilevare informazioni più precise e dettagliate sulla natalità (dal 1564) e sulla mortalità (dal 1684), che permettono qualche analisi più approfondita sulle vicende demografiche locali. Per quanto riguarda il primo secolo di registrazioni parrocchiali disponibili, purtroppo limitate alle nascite, deduciamo che la popolazione locale fu colpita nel 1570-71 da una epidemia di “febbri maligne”, nel 1576 dalla peste “di San Carlo”, nel 1591-92 da una gravissima carestia e da una epidemia di tifo petecchiale, nel 1630 dalla famosa peste descritta dal Manzoni. Nel 1693 si verificò una delle più alte punte di mortalità del periodo (53 sepolture) dovuta con ogni probabilità alla grave crisi agraria che colpì l’Italia, accompagnata da epidemie di tifo petecchiale. Il ritmo di accrescimento della popolazione locale rimaneva schiacciato tra un tasso di natalità costantemente vicino al 40 per mille ed un tasso di mortalità variabile, ma mediamente di poco inferiore. Vi era un alto rischio di morte a tutte le età, ma in particolare nei primi cinque anni di vita, soprattutto nel ‘700, quando la mortalità infantile raggiunse punte del 30% dei nati e costituiva quasi la metà delle sepolture (46%). Era soprattutto il contingente maschile, che alla nascita superava sempre quello femminile, a subire una grave falcidia nei primi anni di vita. Nell’età giovanile e adulta era invece la donna a soggiacere alla maggiore mortalità: il periodo di fecondità per la donna risultava quello più pericoloso, legato com’era ai rischi della maternità e del parto. Poi la mortalità dei due sessi si equivaleva nelle età successive, finché nell’età più avanzata la donna dimostrava di essere mediamente più longeva dell’uomo. Il numero delle persone anziane era percentualmente inferiore a quello attuale, ma non mancavano anziani di età molto avanzata: le malattie infatti non prevalevano sugli organismi più resistenti, che venivano anzi irrobustiti dalla lotta contro di esse.

Molte erano le famiglie numerose. L’immigrazione, che colmava i vuoti creati dalle periodiche crisi demografiche, proveniva per lo più da altre località della provincia o dalla Bergamasca. Oltre a contadini e artigiani, anche diversi “malghesi” si stabilirono a Roncadelle.

 

                                        Rapporto nascite-decessi

              Decenni                 Nati               Morti              Saldo

               1690-99                218                273                 -   55

               1700-09                224                267                 -   43

               1710-19                272                247                 +  25

              ……………………………………………………….

               1760-69                270                320                 -   50

               1770-79                276                288                 -   12

               1780-89                347                247                 + 100

               1790-99                355                249                 + 106

               1800-09                310                212                 +   98

               1810-19                288                303                  -   15

               1820-29                326                218                 + 108

               1830-39                300                295                 +     5

               1840-49                333                260                 +   73

               1850-59                403                390                 +   13

               1860-69                422                365                 +   57

Il dato più evidente è la precarietà dell’equilibrio demografico, almeno fino al 1780: il rapporto nascite-decessi risulta spesso negativo, poiché i limitati e faticosi aumenti della popolazione venivano spesso annullati da calamità naturali, biologiche o belliche, anche se, dopo ogni crisi, il numero degli abitanti tendeva a ricostituirsi rapidamente grazie ai nuovi immigrati e all’incremento delle nascite.

Se l’alta mortalità dei primi anni del ‘700 è da mettere in relazione con le scorribande degli eserciti stranieri sul territorio, quella dei decenni successivi fu causata soprattutto da difficoltà climatiche e alimentari, dalla diffusione del vaiolo e da zoonosi. Le periodiche carestie vennero affrontate in quel periodo con la diffusione della coltivazione del granoturco, che divenne un elemento fondamentale nell’alimentazione popolare, ma che, a causa della carenza di altri alimenti, portò alla diffusione della pellagra. Anche nella seconda metà del ‘700 le “punte” di mortalità del 1762, del 1767 e del 1779 sono attribuibili alle frequenti carestie, dovute soprattutto alle cattive condizioni climatiche: inverni rigidi e lunghi, forti grandinate, grandi siccità si alternavano e non consentivano che raccolti scarsi, con conseguente lievitazione dei prezzi alimentari. In particolare si deve ricordare l’inverno rigidissimo del 1767, che costrinse i lupi a scendere a valle per sfamarsi. Le carestie pesavano soprattutto nelle valli ed erano frequenti le incursioni di valligiani armati nelle campagne per rubare grano. Dal 1780 vi fu una inversione di tendenza: diminuiva il numero dei morti ed aumentavano mediamente le nascite. Il saldo naturale risultava quindi quasi sempre positivo e consentì di raggiungere gli 800 abitanti.

Il periodo napoleonico, a cavallo tra ‘700 ed ‘800, fu caratterizzato da instabilità economica e sociale, con conseguente scarsa evoluzione demografica: il numero dei nati superava di poco quello dei morti e si mantenne alta la mortalità infantile. Ma la popolazione locale raggiunse i 900 abitanti.

Dal 1816, con l’adozione di registri ufficiali predisposti dall’amministrazione austriaca, i dati demografici divennero più precisi ed esaurienti di quelli precedenti. La restaurazione austriaca fu segnata all’inizio dalla drammatica crisi demografica del 1815-18 determinata da carestie e gravi epidemie di tifo petecchiale. Negli anni successivi, pur segnati da gravi epidemie, si verificò un lento ma costante aumento della popolazione, che nel 1856 raggiunse i 1000 abitanti. La ripresa demografica si può attribuire ai grandi mutamenti nell’organizzazione economica che vennero avviati in quegli anni: innovazioni tecnico-produttive nell’agricoltura, sviluppo dei commerci e delle comunicazioni, miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, maggior efficienza degli ospedali. Le condizioni di vita e, in particolare, il livello nutritivo della popolazione non subirono però sostanziali miglioramenti, se si esclude la diffusione della coltivazione delle patate, grande risorsa contro le carestie. Grazie alle vaccinazioni, il vaiolo andò scomparendo. Ma apparve un altro flagello: il colera, che giunse a Roncadelle nel giugno 1836 e in poco più di due mesi provocò 35 morti. Ma la più grave crisi di mortalità si verificò nel 1855 con 82 decessi, 34 dei quali causati della ricomparsa del colera e 10 da un’epidemia di scarlattina, che colpì i bambini sotto i sei anni. Un’altra malattia molto diffusa nel sec. XIX fu la pellagra, che a Roncadelle causava vittime quasi ogni anno.

Dopo l’unità d’Italia, si assiste ad un graduale incremento demografico, nonostante le periodiche crisi agricole e sociali e il ritorno di gravi epidemie. Tra i vari fattori epocali di cambiamento, hanno sicuramente contribuito lo sviluppo delle conoscenze tecniche e delle comunicazioni, il miglioramento dell’alimentazione e delle condizioni igieniche, la crescente offerta di lavoro anche grazie all’avvento dell’era industriale, la diminuzione dell’analfabetismo, il progresso della medicina e l’aumento di medici e di ospedali. La vicinanza alla città di Brescia ha molto influito sulla trasformazione economica e sociale di Roncadelle, che nei primi decenni del ‘900 da paese prevalentemente agricolo si è trasformato in paese fortemente operaio. E la popolazione locale dai 1360 abitanti di inizio secolo raddoppiò in soli 40 anni, come si vede dalla seguente tabella, nonostante la brusca frenata della prima guerra mondiale seguita dalla micidiale epidemia spagnola.

 

          Censimenti statali

          anno            residenti      tasso di crescita

          1861            1.112         

          1871            1.127             +   1,3%

          1881            1.173             +   4,1%

          1901            1.360             + 15,9%

          1911            1.599             + 17,6%

          1921            1.823             + 14,0%

          1931            2.344             + 28,6%

          1936            2.609             + 11,3%

          1951            3.330             + 27,6%

          1961            3.588             +   7,7%

          1971            4.331             + 20,7%

          1981            5.443             + 25,7%

          1991            7.097             + 30,4%

          2001            7.625             +   7,4%

          2011            9.303             + 22,0% 

          2021            9.282              -   0,2%

Subito dopo la seconda guerra mondiale, sia per la forte ripresa della natalità, sia a causa degli sfollati che si stabilirono a Roncadelle, si ebbe un incremento notevole della popolazione locale. Alcune decine di lavoratori locali scelsero di emigrare all’estero, ma vennero presto sostituiti da nuovi immigrati, arrivati anche dalle regioni meridionali. Sono così andati ulteriormente aumentando gli insediamenti abitativi e produttivi locali negli anni ’60 e ’70 e soprattutto negli anni ’80, quando l’incremento demografico raggiunse il livello record del 30% nel decennio. Tale tendenza, favorita dall’Amministrazione comunale con una rapida urbanizzazione del territorio locale, ha dato spazio alla pressione demografica e commerciale di quel periodo sull’hinterland di Brescia.

Ai mutamenti socio-economici, che hanno comportato un aumento del benessere, hanno corrisposto mutamenti di mentalità e di rapporti sociali. Sono cambiati i valori sui quali si era fondata la convivenza nei secoli precedenti ed è cambiata la famiglia, che si è innanzitutto ristretta: la media storica di 5 componenti si era ridotta nel 1971 a 3,5 per scendere poi ulteriormente a 2,6 nel 2001 e a 2,3 nel 2021. Inoltre, per quanto riguarda lo stato civile, i celibi/nubili superano attualmente i coniugati, sia perché si riducono i matrimoni, sia perché vanno aumentando i divorziati e i legalmente separati; mentre i vedovi costituiscono il 7% della popolazione.

Negli ultimi 20 anni l’età media della popolazione locale è aumentata da 40 a 45 anni. Va infatti diminuendo la percentuale dei giovani (0-15 anni) passata dal 15% al 13% e quella degli adulti (16-65 anni) dal 72% al 65%, mentre aumenta quella degli anziani (dal 13% al 22%). Da alcuni anni i decessi (8 per mille) a Roncadelle tendono a superare le nascite (7 per mille), ma il saldo migratorio è generalmente positivo.

L’immigrazione più recente riguarda soprattutto gli stranieri (extracomunitari), la cui presenza si è moltiplicata negli ultimi decenni passando dalle 21 presenze del 1991 alle 231 del 2001, fino alle attuali 1.230 (13% della popolazione). La provenienza è soprattutto dall’Est Europa (40,7%) e dall’Asia (35,8%), ma riguarda anche Paesi africani (19%) e sudamericani (4,5%). Questo fenomeno, se da una parte sembra rispondere ai nuovi bisogni di lavoro e di assistenza, dall’altro pone il problema dell’integrazione sociale e culturale. Ma, a ben guardare, tutta la storia della popolazione locale è una storia di integrazioni, affrontate con pragmatismo e senso di solidarietà umana, riuscendo a non snaturare il tessuto sociale del paese, anche nei periodi di maggior contrasto ideologico, e a tendere alla creazione di una comunità.